Il patron del Chievo Luca Campedelli rimane indagato in un’inchiesta aperta dalla Procura di Forlì insieme all’ex presidente del Cesena Giorgio Lugaresi e a Giampiero Ceccarelli, la bandiera del calcio cesenate che poi ha rivestito incarichi manageriali nella società romagnola, dichiarata fallita la scorsa estate. I tre dirigenti hanno ricevuto la notifica della richiesta di proroga delle indagini preliminari, che equivale a un avviso di garanzia, ma sulle contestazioni mosse c’è il massimo riserbo. Si tratta comunque di un filone dell’inchiesta sul fallimento del Cesena, coordinata dai pm Filippo Santangelo e Francesca Rago.

Il processo sportivo
Il processo per le plusvalenze fittizie realizzate con la compravendita di calciatori a valori gonfiati fra Cesena e il club veronese si era concluso con una penalizzazione di tre punti ai veneti e tre mesi di inibizione a Campedelli, confermati dalla Corte federale di appello e poi dal Collegio di garanzia dello Sport. La Procura federale aveva chiesto una sanzione più pesante, 15 punti di penalizzazione e 36 mesi per Campedelli con l’accusa di aver contabilizzato nei bilanci plusvalenze fittizie e immobilizzazioni immateriali in modo da far apparire un patrimonio netto superiore a quello esistente alla fine di ciascun esercizio e ciascun semestre, così da ottenere la Licenza nazionale e l’iscrizione al campionato delle stagioni 2015-2016, 2016-2017, 2017-2018 in assenza dei requisiti previsti dalla normativa federale. Per il Cesena penalizzato in primo grado di 15 punti era poi per intervenuta revoca dell’affiliazione a seguito del fallimento del club, ma perchè si è arrivato a questo giudizio e non al salvataggio del titolo sportivo che avrebbe consentito ai romagnoli di disputare la serie B conquistata sul campo e riassestare i conti economici dai diritti tv, dalle sponsorizzazioni e dalle valorizzazioni calcistiche. Qualcosa non quadra, se da una parte si è salvato il Chievo, non si capisce il motivo sul metro di giudizio sul Cesena calcio, se il filone d’indagine è il medesimo o quasi similare. Anche la società clivense ha debiti con il fisco, ma oggi ha addirittura la possibilità di stralciarli, cosa che avrebbe potuto fare anche la società del cavalluccio.

60 milioni di plusvalenze
Il Chievo Verona fra il 2014 e il 2017, in quattro anni, quelli su cui si è concentrata l’indagine della Procura federale sulle plusvalenze fittizie, ha realizzato utili per circa un milione e mezzo di euro. I quattro bilanci chiusi tra il 30 giugno 2014 e il 30 giugno 2017 hanno fatto registrare il segno più con questa sequenza: 300mila euro; 500mila, 300mila; 300mila. Euro più euro meno. Il patrimonio netto del club clivense è così salito in questo arco temporale da 3 a 4,4 milioni.

SERIE A 01 marzo 2019
Calcio italiano, nel 2018 plusvalenze tornate al livello della “bolla” del 2002
Un equilibrio impeccabile, quasi algebrico. Il fatturato della società in queste quattro stagioni è aumentato da 50 a 71 milioni. I ricavi ordinari sono sempre stati imperniati tuttavia sui diritti tv, passati a loro volta da 28 a 35 milioni, più di quanto ottenga l’intera Serie B tanto per dare un’idea. In sintesi in questi quattro anni il club della frazione di Verona ha incassato poco meno di 130 milioni di euro grazie ai contratti televisivi della Serie A. I ricavi da stadio infatti hanno oscillato mediamente intorno agli 1,8 milioni all’anno e quelli commerciali (sponsor e cartellonistica) intorno ai 5 milioni stagionali.

Il club del presidente Campedelli, dunque, poteva contare su entrate certe annuali inferiori ai 45 milioni. Fra il 2014 e il 2017 però i costi totali del Chievo si sono impennati da 52 a 69 milioni. In particolare, il costo della rosa necessaria a mantenere la massima categoria è salito di una decina di milioni. Nel 2014 il Chievo pagava 21,5 milioni fra ingaggi e stipendi e 13 milioni per gli ammortamenti dei cartellini. Nel 2017 gli emolumenti sono arrivati a quota 27,5 milioni e gli ammortamenti a 17 milioni.

Complessivamente tenere il Chievo in Serie A negli ultimi 4 anni (di cui sono disponibili i conti) è costato così 244 milioni a fronte di entrate ordinarie (diritti tv, contributi della Lega, botteghino e area commerciale) per poco più di 180 milioni. Un gap di circa 60 milioni. Compensato come? Sarà una coincidenza numerica, ma nello stesso periodo sono fiorite plusvalenze da calciomercato per 60 milioni: 7,6 milioni nel 2014; 12,8 milioni nel 2015; 18,8 milioni nel 2016 e 21,5 milioni nel 2017.

Più di un terzo di queste plusvalenze, quasi 24 milioni, sono state realizzate cedendo giocatori al Cesena in operazioni anomale sia per l’entità delle somme in gioco e sia per la qualità dei calciatori coinvolti. Anomalie che non sono sfuggite come ricorderete a Pippo Russo in una serie di articoli su calciomercato.com, ma stranamente alla Covisoc sì. Insomma non proprio un affare per il Cesena averli presi a quei prezzi. Il club del presidente Lugaresi, che si rifaceva con operazioni opposte per sistemare i propri conti finché ha potuto, è fallito e, come detto, è stato sanzionato “alla memoria” dal Tribunale federale con 15 punti di penalizzazione, ma che con ricorso sarebbero sicuramente diminuiti nel caso in cui il crack fosse scongiurato.

Un altro “bonus da 60 milioni”
Il Chievo ora ultimo in classifica ha fatto in tempo a partecipare alla Serie A e a incassare altri 35/40 milioni di diritti tv con una penalizzazione minima. In più ora che retrocederà potrà ottenere il “paracadute” massimo di 25 milioni

Nessun Bonus per il Cesena Spa
Sono rimaste solo le macerie e i ricordi ingialliti di una società capace di fare miracoli con delle cassette di mele, arrivando alla Coppa Uefa con Pippo Marchioro, al lancio dal proprio settore giovanile (tra i più invidiati in Italia), di calciatori divenuti stelle nazionali e internazionali, ad ottenere il premio FIGC sulla disciplina sportiva da parte di un pubblico passionale e sempre legato ai colori dai tempi del conte Rognoni e poi Dino Manuzzi e di seguito Edmeo Lugaresi. Un sodalizio irripetibile, l’unica squadra in Romagna a salire in serie A.
Queste si che erano le vere plusvalenze di una società sepolta per tanti aspetti non ultimo quello politico…

Il Direttore editoriale Carlo Costantini – Foto Valerio Casadei

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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