Quando penso al Vicenza calcio, penso al Real Vicenza e a il “Pasolini del gol”, come lo definì, in occasione del suo settantesimo compleanno, Massimiliano Castellani sulle pagine dell’Avvenire. Ezio Vendrame è stato e rimane un idolo della tifoseria vicentina, un vero calciatore/poeta del gol, genio e sregolatezza ma anche anima fragile, amico di Piero Ciampi a tal punto, da fermare il gioco, durante una partita disputata con la maglia del Padova allo stadio Appiani, per salutarlo pubblicamente dopo averlo riconosciuto per caso a bordo campo.

Era considerato il George Best del Tagliamento, giocava ala ma anche in cabina di regia dimostrava visione di gioco e piedi sopraffini e come il genio di Belfast amava quella vita spericolata che Vasco associò a Steve Mc Queen. Leggendo i libri da lui scritti dove raccolse sue esperienze di vita e di calciatore, tra i tanti celebri aneddoti, famoso quello che racconta quando fece un tunnel a Gianni Rivera, un atto sacrilego che a fine partita lo portò a scusarsi con il Golden Boy.

Ma l’aneddoto che mi colpì maggiormente e che lo proiettò direttamente nel mio Olimpo calcistico, è talmente folle e libertario che preferisco farvelo raccontare direttamente dalle sue parole: Una volta, una partita Padova-Cremonese di Serie C, gran caldo di fine campionato, c’era un tacito accordo di pareggio. Il pubblico aveva iniziato a fischiare. Mancavano le emozioni, allora presi il pallone e puntai verso la mia porta, scartando due o tre compagni. Arrivai davanti a Bartolini, lo stadio si ammutolì, fintai il tiro, lui si tuffò. In quel momento uno spettatore in gradinata si sentì male e morì d’infarto. Fu un dispiacere per me ma il tifoso che soffriva di cuore non doveva venire a vedermi. Doveva sapere che Vendrame dà sempre emozioni”.

Il “Sopravvivente”, come lo definì Gianni Mura, dette appuntamento al degno erede di “gioanbrerafucarlo”al cimitero di Casarsa della Delizia in Friuli, paese natale suo e di Pasolini, di fronte della tomba del Poeta, definendo l’autore de “Le ceneri di Gramsci” il suo compaesano più vivo.

Gli venne commissionata una squalifica a vita dopo aver, a trentaquattro anni suonati con addosso la maglia dello Junior Casarsa, strappato dalle mani dell’arbitro fischietto e cartellino, la pena fu poi prima ridotta a cinque anni e in seguito amnistiata grazie alla vittoria degli azzurri ai mondiali del 1982. È mancato nell’aprile del 2020 lasciando agli amanti del calcio poetico un vuoto incolmabile. Se dovessi descrivere ad un alieno chi era Ezio Vendrame, lo farei anche in questo caso, utilizzando le sue stesse parole:Ho quattro grandi passioni: le donne, la musica, la poesia, e il calcio, che viene per ultimo. Non si può vivere di solo pallone prima o poi si sgonfia e se non sei un uomo vero, non ti resta più niente. La musica mi piace tutta, da quella classica al rock. Poi mi interessano i ‘poeti maledetti’, leggo Bukowski”.

Il calcio di oggi, difficilmente accetterebbe un nuovo Vendrame, uno che durante l’inverno rigido entra in un negozio e acquista un cappotto di cammello caldo ed elegante, poi esce dal negozio e incontra unragazzino con addosso una vecchia T-Shirt che gli chiede l’elemosina, e lui vergognandosi, si toglie il cappotto e gliel’ho dona certo che da quel giorno la temperatura, per lui, sarà meno rigida.

A cura di Marco Benazzi – Foto Repertorio

 

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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