PIAZZA MONTECITORIO POVERTA' SENZA FISSA DIMORA CLOCHARD

Parliamo di EMARGINAZIONE!
E quando si evoca questo termine, non si può che andare alle fonti: ebbene, le Linee di indirizzo per il Contrasto alla Grave emarginazione Adulta in Italia affonda le sue radici ancora prima della pandemia, e si colloca in una sottoscrizione che risale al novembre 2015, in Conferenza Unificata Stato Regioni, e presentata dall’allora Ministro Poletti il 10 dicembre 2015, frutto di un gruppo di lavoro, coordinato dal Ministero del lavoro e delle Politiche sociali.

Il gruppo si avvalse della segreteria tecnica della Fio.
PSD che coinvolse ben 12 città con più di 250 mila abitanti, dove il fenomeno era già molto diffuso.
A distanza di alcuni anni, in piena pandemia, ho il privilegio di poterne parlare con un intervista al Dott. Michele Ferraris, Resp.le Comunicazione della Fio PSD (Federazione Italiana Organizzazioni per le persone senza dimora), che ha sede a Roma e che raggruppa 130 organizzazioni che lavorano con le persone senza fissa dimora in Italia, erogando più di 500 servizi.

D- Dott. Ferraris come si arriva a diventare persone senza dimora, e quali sono le azioni che state intraprendendo per contrastare il disagio in forte aumento?
R- E’ di questi giorni l’appello di Cristina Avonto, Presidente della Fio PSD, rivolto al nuovo governo Draghi e al Ministro del Lavoro Andrea Orlando, che saranno chiamati nei prossimi mesi a decidere quale impronta dare al piano di rilancio, e di sviluppo per l’Italia post-pandemia.
Alla base dell’appello, da parte nostra, c’è il rilancio dell’HOUSING FIRST, vale a dire delle abitazioni per i senza dimora.
I dati ultimi sono stati allarmanti, temperature sotto lo zero, 25 morti in strada, in Italia, i piani freddo e i dormitori non sono la soluzione, è tempo di agire, ora! L’onorevole Toia, europarlamentare del gruppo socialisti e democratici, ha realizzato un video per sensibilizzare sul tema delle persone senza dimora, dando voce ad alcune realtà associative ed istituzionali, in particolare nel comune di Milano, in cui sono contenute alcune indicazioni sui possibili modelli di intervento per il contrasto della homelessness in primis, e dell’Housing First.

Continua così il Dott. Ferraris: …” ci sono innumerevoli stereotipi da combattere, e occorre proporre soluzioni concrete; la povertà, aumentata dopo il Covid, rischia di far aumentare sempre più la presenza di persone senza dimora.
Chi era al limite, rischia di finire in strada, a ciò si aggiungono, in alcuni casi, le problematiche psichiatriche, la perdita del lavoro, la depressione, la crisi di coppia, le problematiche familiari e il quadro diventa esplosivo!

Gli stereotipi che vanno combattuti devono oggettivamente portare a una scelta, e dobbiamo iniziare a capire che le persone che finiscono in strada non lo sono, e sottolineo, non lo sono, per scelta ma perchè privi di alternative.
Non si tratta di scelta consapevole, come, a volte può, senza giudizio, ovvio, essere quella del mondo degli artisti.
Occorre un cambio di paradigma: l’approccio al problema non può più essere solo il dormitorio: queste persone devono poter vivere in una camera, avere degli orari, dei ritmi, delle regole.
Devono poter riconquistare la consapevolezza, la “dignita’ del vivere!”
Persino i costi sarebbero minori: il costo medio di una stanza a notte è di 26 euro, in un dormitorio di 30 euro.
Sarebbe una piccola, grandissima rivoluzione culturale perchè, per la prima volta, in Italia verrebbero definiti dei “livelli minimi essenziali” a livello nazionale per il contrasto della homelessness.

Sarebbe una grande opportunità, e una leva fondamentale per dialogare con le nostre regioni, forti di questo strumento, per accompagnare i nostri decisori politici in una programmazione delle risorse che veda finalmente il contrasto della poverta’, come uno dei temi centrali negli interventi di tutela delle persone più fragili.
Torno da questa intervista con una forza e una consapevolezza che deriva come sempre dal conoscere i fatti, ed è proprio questo che mi spinge a voler conoscere meglio il problema, anche in una piccola città di provincia come Faenza, dove, a tratti può sembrare che il problema non esista, o che sia assai più ridimensionato.

Approdo così alla CARITAS di Faenza: ad accogliermi una persona di grande spessore professionale ed umano: il Sig. Claudio Violani appartenente all’equipe del centro di ascolto Caritas di Faenza.
Nata nel 1990, espressione della chiesa cattolica, promossa dalla Caritas Diocesana, ha come obiettivo primario di essere un piccolo segno della Carità in stato di povertà e di provocare la sensibilizzazione a chi vuol contribuire sia attraverso il territorio, sia attraverso il volontariato fattivo.

150 sono i volontari che tengono aperti i servizi di mensa, accoglienza notturna, dormitorio femminile di prima e seconda accoglienza, accoglienza aperta che consta di distribuzione di viveri, vestiti, di formazione scolastica.
Ed è qui, in questa stanzetta, che incontro e parlo, non senza provare una forte emozione, CHEIKU, un signore senegalese, classe 1954, che arrivato da Milano, passato da Rimini, senza dimora è approdato alla Caritas e, per 30 anni, con l’aiuto di questa associazione è riuscito a resistere, a lavorare, a cadere e rialzarsi, mantenendo sempre gli ”occhi puliti”.

Non ci sono parole per descrivere l’emozione che ho provato intervistandolo: credo che più delle mie parole, in questo caso, possano le immagini del video, a dimostrazione che la dignità del vivere è come un piccolo sassolino gettato nel mare: si amplia fino a toccare tutti coloro che si lasciano contaminare.

Questo è accaduto a me, a Claudio, a Cheiku, e spero che, ascoltandolo, possa essere anche per voi una testimonianza che ci insegna quanto sia importante dare a tutte le persone del mondo un nome e un cognome in cui riconoscersi!

A cura di Sandra Vezzani editorialista – Foto Imagoeconomica

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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