Dopo il fallimento del Cesena calcio, sono voluto andare allo stadio, era vuoto, non tanto perchè il campionato è terminato con una salvezza castorizzata, ma per lo scempio finanziario che è venuto a galla gestito prima Igor Campedelli e successivamente Giorgio Lugaresi.

Il filo conduttore del crack passa probabilmente attraverso la gestione di questi due presidenti e dei loro socì, che ora non solo stanno perdendo tutto da un punto di vista finanziario, ma sono rimasti al palo nel momento del controllo magari solamente per un fatto di fiducia. Gravissimo errore, se io sono dentro il Cda, pretendo a chiare lettere di sapere l’andamento trimestrale dell’impresa, altrimenti cade di fatto la trasparenza reciproca e il valore della società imparziale.

Ogni socio ha il diritto di visionare l’andamento d’impresa e di mettersi in contrapposizione all’amministratore. Senza un management con le “palle”, quello che sa governare i conti nella prospettiva di avere ricavi e non le perdite alla chiusura dei bilanci, si può solo rimanere a galla per un po’, ma poi la conseguenza è quella che si arriva alla sepoltura.

Il Cesena negli ultimi anni è stato gestito come se fosse dentro una pentola del minestrone e del tutto è pronto e servito…. Errore gravissimo che ha portato ad un disastro di tutto il tessuto economico sociale della città e non solo a quello sportivo. Un’azienda leader, non gioca a domino con i suoi soci, con i suoi collaboratori, con gli allenatori, con il calciatori, con le famiglie, con i bambini e con i tifosi. Una attività commerciale, perchè oggi, così vengono definite le società di calcio, devono sapere che i BILANCI sono un patrimonio collettivo e che dunque con i numeri non si deve assolutamente scherzare o farne esercizio personale, magari anche pilotato da consulenti marpioni e affaristici.

Il Cesena, gia che ti rigira, pensa come vuoi è sparito insieme alla sua storia più bella in una bolla di sapone acido; ci sono rimaste solo le ceneri bianconere. Adesso giustamente tutti chiedono di rimboccarsi le maniche e ripartire da zero. Ma in che modo?, quando non si ha il seme per un progetto di riqualificazione? C’è un richiamo alle imprese locali, alle migliori che riescono ad esportare i loro prodotti nel mondo e che ancora riescono a coltivare un discreto profitto. Ma, non basterà giungere in massa per una prima iniezione di liquidità che oscilla intorno ai 300 mila euro per ripartire dalla D. Senza il buonsenso che possa emergere un vero leader, sarà difficilissimo competere sia sul campo che nelle governance finanziare che oggi il calcio richiede.

Esistono delle certezze. I tifosi ci saranno sempre, qualche adesione arriverà magari attraverso una new&co che possa traghettare l’iscrizione e che il Romagna Centro è già iscritto ai dilettanti.
Questa è la strada giusta tanto per fare calcio alla contadina? Non lo so!
Immagino sempre di più che senza un grande “FONDO TERRIERO” che metta un sigillo fiduciario sulla maglia bianconera, difficilmente si potranno inseguire traguardi impensabili come le promozioni in serie B e poi nel paradiso del calcio nazionale.

Sono confortato dalla storia che ha sempre scritto nei libri solo una cosa: i corsi passati possono sempre ritornare al presente, per un futuro migliore. Proviamo dunque a sentirci protagonisti in modo particolare per una rinascita morale e poi ovviamente sportiva. L’attesa e la voglia almeno in questo ci rende condiscendenti e unanimi.

Visto che si è toccato il fondo sarebbe anche giusto e leale per la gente spegnere il sito uffciale dell’ex società bianconera, considerando che del Cesena è rimasta solo una congestione atmosferica che ha bucato il nostro amore indefinito.

Il Direttore editoriale Carlo Costantini

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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