Quando senti parlar di pressione puoi pensarne tante, arteriosa, degli pneumatici, ma poi senti che si parla di calcio ed allora pensi che le cose non stanno andando bene.
E sì, perché di solito quando i risultati non arrivano, la classifica latita, il gioco è il monopoli e non quello del calcio, ecco che c’è sempre qualcuno, possibilmente molto coinvolto, che tira fuori che la piazza, i media, persino i pesciolini che nuotano nel Savio, fanno troppa pressione; sui dirigenti, sull’allenatore, sui calciatori, scoprendo così il vero motivo del momento un po’ così!

A Cesena le cose non girano? Beh, per forza, tutti pretendono, tutti hanno la ricetta, tutti criticano e quei diecimila (quando si è in pochi) al Manuzzi, che stanno con il fiato sul collo del povero Modesto e dei suoi ragazzi… come si fa a giocare tranquilli, a sviluppare le ardite trame studiate durante la settimana a Villa Silvia? E come fa Modesto a non innervosirsi, a non dare in escandescenza e fare la pantomima che andrebbe meglio a Zelig piuttosto che in partita?
Io abito a Torino e, dicendo la mia, vorrei invitare qualche dirigente del Cesena a vivere un po’ da queste parti, così poi impara cos’è la pressione e, certamente, quando lo intervistano o va in tv, parla diversamente; perché sulla sponda bianconera della città devi vincere sempre e comunque, magari senza guardare come, ma hai addosso una maglia che, anche se pare quella scolorita del Rimini, sta sopra tutto e tutti.

Sulla sponda granata, invece, c’è un colle che sovrasta la città e dove ne sono morti trentuno e, anche se non tutti erano calciatori e sono passati settant’anni, il termine di paragone sono sempre loro, i GRANDI, o male che vada, quelli che quasi vent’anni dopo si sono cuciti lo scudetto sul petto, alcuni dei quali, tra cene e serate granata, sono rimasti a quegli anni e: “se ci fossi io…” (magari dimenticando che non sempre sono state rose e fiori)!
Quindi? A Cesena c’è pressione? Certo, ma bisognerebbe sempre specificare quale, perché dove lo trovi, in Serie C, uno stadio con almeno diecimila che tifano, ti sorreggono, ti accompagnano dal primo minuto al triplice fischio finale? O quando vai in trasferta, li conti i tifosi tuoi e quelli avversari? perché magari non ti accorgi che a Novara (Serie B di due anni fa), in una giornata gelida, si sono mossi in di più da Cesena rispetto a quelli che stanno a due chilometri dallo stadio, e parli di pressione?
Certo a Cesena, come in qualunque altra parte del mondo, non sempre si è soddisfatti; se il gioco non è proprio quello del Real Madrid, se i risultati vengono spesso gettati al vento da errori marchiani, se pare che scendano in campo due squadre diverse, una nel primo ed un’altra nel secondo tempo, se il fiato non dura mai novanta minuti, neppure quando si cammina e si è ventenni, vuoi che ti applaudano e ti stendano il tappeto rosso, con preghiera di continuare così? La gente vuole vedere qualcosa di più, esulta anche se vinci con il… fondoschiena… ma spera di divertirsi, almeno di vedere una squadra che lotta, gente che va in campo non solo perché arriva da…, ma perché è tra gli undici più in forma.
La pressione qualche volta bisognerebbe lasciarla perdere, perché chi la patisce può stare a casa o, ancor meglio, cambiare mestiere, specie a vent’anni, ma anche a trenta, quaranta, cinquanta, e qualunque sia il ruolo svolto, in campo, ai bordi, o in tribuna.
Non so se al Cesena piacciono solo coloro che hanno sempre la parolina bella e buona, danni i voti che non vanno mai sotto la sufficienza e chi va allo stadio per applaudire le scenette surreali e osannare formazioni e cambi quantomeno discutibili; se così è tanti auguri e buon campionato, diversamente, accettino le critiche, specie quelle giuste o quantomeno quelle fatte per il bene del Cesena, lasciando perdere la pressione, che quella è un’altra cosa, empre e comunque.

il Direttore responsabile Maurizio Vigliani – Calbucci

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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