Quando parliamo di anziani, la prima cosa che ci viene in mente e la loro salute e la qualità di vita. Ultimamente sono emersi fatti incresciosi anche nella nostra regione, a Ravenna, dove in un casa di riposo sono emersi maltrattamenti e abusi e per questo motivo ancora una volta l’OMS lancia un allarme sulla questione, rilevando dati crescenti del fenomeno, richiamando la necessità di ulteriori indagini nazionali, ma soprattutto di sforzi nel campo della prevenzione. L’attenzione va data con continuità per i singoli casi, o una mancanza di un’azione appropriata, che avviene all’interno di qualsiasi relazione in cui si sviluppa un’aspettativa di fiducia e che causa danno o dolore alla persona anziana fino ad umiliarla E una qualche ragione ci sarà se a partire dagli inizi degli anni 2000 è stata istituita, sempre dall’OMS, la “Giornata contro la violenza all’anziano”: il 15 giugno.
Una giorno inequivocabile che avrebbe lo scopo di sensibilizzare non solo i singoli, ma anche le comunità dove troviamo radicate forme di negligenza,tanto da far scomparire barriere fisiche e sociali nei confronti degli anziani.
In questo contributo la riflessione è circoscritta al contesto organizzativo delle strutture socioassistenziali e sociosanitarie che ospitano persone anziane con problemi di scarsa o inesistente autonomia e alle possibili forme di prevenzione di comportamenti degli operatori che vadano a lederne identità, dignità, salute fisica e psichica.

Quando prevenire è meglio che curare: la scelta del personale

Un breve articolo comparso su “Prospettive Assistenziali” all’inizio di quest’anno esordisce ricordando quanto la qualità dei “prodotti” di qualsivoglia azienda/organizzazione dipenda in larga misura dalla professionalità e dalla adeguatezza numerica delle persone che vi operano. E non si potrebbe non essere d’accordo. Si pensi, inoltre, quanto la necessità di un’organizzazione di potersi avvalere di adeguate professionalità si accompagni a quella di poter contare su lavoratori che presentino specifiche “caratteristiche” che li rendano adatti a svolgere il ruolo ricoperto, anche se logoroso. Se questo vale in generale, come non pensare alla loro importanza quando il lavoro non abbia come fine la produzione di un oggetto, ma la risposta a bisogni, materiali e immateriali, veicolata comunque lungo l’asse di una relazione interpersonale? Esattamente come succede nel prendersi cura, nel curare, nell’assistere. Tali caratteristiche sono un bagaglio importante e prezioso per gli stessi professionisti della cura. Possiamo individuarne alcune: apertura mentale, equilibrio emotivo, senso etico, resilienza alle frustrazioni, empatia, capacità di collaborazione.
Esistono tuttavia storie personali, storie famigliari, eventi critici, contingenze traumatiche passate o recenti che possono, in particolare, aver reso una persona vulnerabile di fronte a situazioni emotivamente stressanti come l’impatto con la malattia, la dipendenza dell’altro, la morte. E ancora, ci sono persone che, proprio a seguito di quei condizionamenti, anche lontani nel tempo, si trovano compromesse sul piano dell’equilibrio psichico, emotivo, relazionale. È qui che entra in gioco il prevenire. Il servizio, la struttura residenziale deve affrontare il problema della scelta del personale attrezzandosi per attuare una modalità di selezione che eviti l’inserimento di persone con disturbi di personalità e di funzionamento relazionale, garantendo a tutti coloro che si propongono per un’assunzione, sia una rigorosa scientificità nell’approccio valutativo, sia la più totale riservatezza dei risultati.

Ma c’è di più, non si capisce, quando le strutture funzionano a pieno regime, perchè i controlli e la burocrazia soffocano il loro operato. Non è possibile che strutture efficienti, lodevoli sotto l’aspetto della cura all’anziano, vengano prese di mira solo perchè magari un corrimano deve essere spostato di 5 cm, o perchè in una stanza si presenta una piccola crepa, magari causata all’insaputa per problemi strutturali. Il vero problema sta nel personale, in quelle persone che dovrebbero sempre portare affetto con dignità ai vecchi dopo una lunga vita vissuta e, magari, con tanti problemi mai dimenticati. Ciò che è accaduto a Ravenna, con due badanti rumene, che si sono prese la libertà di scompargere di feci in volto un povero anziano è a dir poco aberrante, da condannare sotto ogni forma senza perdono.

Il Direttore editoriale Carlo Costantini – Fotolia

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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