Peasant and business man walking on wheat field during harvesting

CASE DI RIPOSO ETERNE

Anziani, così fragili, ma sempre così necessari.

Dall’inizio dell’epidemia, sono stati i più a rischio, soprattutto coloro che si trovavano in strutture assistenziali.
Eppure, coloro che hanno più di 65 anni, rappresentano un quarto della popolazione italiana, e oggi, come non mai, sono cruciali per la tenuta economica e sociale del paese.

Ormai da un mese, ogni pomeriggio, alle 18, il capo della protezione civile Angelo Borrelli, che da settimane ci dà ”le previsioni del virus” contabilizzando l’ecatombe di quella che doveva essere “poco più di una influenza”, ripete l’età media dei morti, che è di 79 anni.

Come dire: i vecchi sono l’alibi della partita doppia, non ancora vinta, purtroppo del Covid-19.
Come dire, la paura c’è, ma è un po’ attenuata se fa novant’anni.
Eppure su questi anziani si è costruita la capacità di resistenza, dopo la precedente grande crisi: quella del 2008.
Le pensioni sono state il welfare familiare che ha ammortizzato la generazione bruciata: quella dei quasi giovani precarizzati, dell’ascensore sociale inceppato.

Gli anziani di oggi sono nati negli anni quaranta, sono i costruttori del miracolo italiano, di quella Società Signorile di massa per dirla col titolo dell’ultimo dirompente saggio di Luca Ricolfi (La nave di Teseo).
Sono stati gli accumulatori di quella ricchezza che consente ai più di campare di rendita, consumandola.
La società signorile di massa è andata avanti proprio sugli anziani.
Che in Italia sono un esercito attivo: quasi un quarto della società.

Allora, se gli anziani sono una risorsa, dico io, vanno tutelati, non si può dire che muoiono solo i vecchi.
Le cifre ci dicono che gli over 65 in Italia crescono a un ritmo di 1,8 milioni nell’ultimo decennio.
Tra di loro ci sono i non autosufficienti, poco meno di 3 milioni, con politiche di assistenza quasi totalmente delegate alle famiglie, ma la platea degli altri è vastissima, e conta ben 4,4 milioni di ultraottantenni, che, tra l’altro hanno una buona qualità di vita.

Gli anziani, insomma, sono generatori di benessere.

E allora perchè gettarli via come stracci troppo usati?
Perchè rinchiuderli in case di riposo, dove il virus non ha lasciato scampo?
Perche?
C’è un rifiuto degli anziani. E’ il virus del “presentismo”, il contemplare una sorta di presente assoluto, che ne uccide anche la memoria? Ci si sta accorgendo, solo ora, che gli ospizi, in alcuni casi, sono stati macelli dove si muore lentamente e senza difese. Persino in quelli migliori, questi anziani sono stati, in troppi casi, considerati alla stregua di” pacchi pieni di niente”. E nessuno ha protestato. E gli anziani, deboli e smarriti, hanno subito, in alcuni casi angherie, fino a morire, sollecitati dalla disperazione, dal dolore, dal senso di inutilità che, sicuramente, li ha pervasi.

Ieri, in televisione è andato in onda un servizio toccante: una donna non si dava pace poichè sua madre era morta in una casa di riposo, eterno, aggiungo io, in piena solitudine, senza il conforto dei figli.
Un tempo remoto, i nostri antenati erano tenuti sotto il tetto e rispettati fino all’ultimo giorno.
Sedevano in cucina, alla nostra tavola, erano serviti, la loro parola era Vangelo, e la loro esistenza era un prezioso regalo anche per noi.

Con la modernità, il compito di assistere i vegliardi è stato delegato alle istituzioni.
Il nonno ti rompe le scatole’?
Lo mettiamo nel gerontocomio, si fa spazio tra le mura domestiche, ed è un sollievo per tutti.
Tutto ciò suscita tristezza, e ci fa pentire, noi che siamo lì a un passo dalla vecchiaia, di aver dato fiducia ai nostri eredi, per i quali, dopo che li abbiamo allevati, stiamo diventando un disturbo.

Sarò retorica per una volta, ma l’indignazione è tanta, e vi dico: chi non rispetta gli anziani è destinato a non essere rispettato quantomeno nel giorno del giudizio universale.
Tempo al tempo! La Croce la portiamo tutti alla fine dei nostri giorni.

A Cura di Sandra Vezzani editorialista – Fotolia

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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