Partire con il sogno triplete e tornare con un poker (nel sacco), non era quanto si attendeva la Juventus volata a Cardiff per portarsi a casa la Coppa dalle grandi orecchie e finita invece nel tritacarne di un Real Madrid messo alle corde per poco meno di mezz’ora e poi dilagante, come non ci si immaginava nei pronostici della vigilia.
Cosa è successo ai bianconeri che si pensava più maturi e consapevoli, oltre a nettamente più forti, rispetto alla finale persa due anni fa contro il Barcellona? Probabilmente quello che accade spesso quando l’attesa finisce per dilapidare le energie nervose ed il campo mette in evidenza lacune fin lì nascoste e scricchiolii da carta d’identità che mergono quando meno te lo aspetti.

Che si sia sottovalutato il Real mi sembra di poterlo escludere, perché eventualmente sarebbe un errore non ammissibile per chi sa benissimo che avversario ha di fronte; a mio modesto giudizio ci si è invece fidati un po’ troppo delle proprie forze e di un’esperienza che invece sono venute meno proprio nel momento meno adatto.
La Juventus ha avuto tutto il tempo per preparare l’assalto alla Coppa; in Campionato è bastato gestire il vantaggio cumulato e poi non si poteva pensare che Crotone e Bologna (le avversarie delle ultime due giornate) rappresentassero un ostacolo verso il sesto scudetto consecutivo; aggiungiamo anche che la Coppa Italia vinta in casa della Lazio e senza troppa fatica, non è servita solo per mettere in bacheca un altro trofeo, ma anche per rodare i meccanismi, per altro mandati a memoria, di quella che in campo italico è una schiacciasassi inarrestabile.
Certo, alla vigilia, la Juve pareva essere alla pari dei “blancos” ed in grado di giocarsi senza timore le proprie possibilità, perché ai bianconeri non mancano indubbiamente talento, forza ed esperienza, oltre alla consapevolezza di essere arrivati a Cardiff senza la fortuna di accoppiamenti un tantino fortunati, ma di aver fatto fuori in modo splendido una grande mondiale come il Barcellona.

Poi c’è il campo ed una Juve che parte spavalda e mette i brividi ad un Navas incerto ed, alla fine, unico insufficiente dei suoi; corre la Signora, ma qualche piccola sbavatura, qualche crepa, inizia a venir fuori e si concretizza quando Ronaldo piazza un pallone radente che incoccia in Bonucci e si infila lontanissimo dalle braccia protese di Buffon; la deviazione c’è stata, ma il portierone bianconero dà l’impressione di essere stato mal piazzato ed in ritardo.
Pochi minuti e Manzukic rimette le cose a posto con una bella girata che trova Navas portinaio invece che portiere e chiude i conti di un primo tempo in cui la Juve tira di più ma cala con il passare dei minuti in modo preoccupante, quasi che ad un certo punto si sia spenta la luce! La difesa si fa infilare, il centrocampo consegna troppo spesso palla e gestione della gara all’avversario ed in attacco la coppia argentina sembra ballare un tango lento con cui non si va da nessuna parte.
La ripresa vedrà i bianconeri riprendersi? Pia illusione subito smentita dai fatti di una partita che pare decisa prima ancora che Casemiro (tiro da lontano deviato questa volta da Khedira, ma su cui Buffon si muove con la velocità di un bradipo) e CR7 infilino la porta avversaria e Asensio fissi il definitivo, pesantissimo, 4-1 finale!
Troppo forte il Real o troppo brutta la Juve? La risposta è naturalmente diversa a seconda da che parte la si guarda, ma direi che entrambe le tesi sono giuste, perché i madridisti hanno giocato come ci si poteva aspettare e come deve farlo una formazione della loro caratura, mentre la Juventus è sembrata troppo brutta per essere vera.

All’improvviso troppe cose non hanno funzionato a partire da quella difesa che aveva subito appena tre reti da inizio Champions e che è la forza più grande della formazione di Allegri, su cui si sono costruite le vittorie di sei scudetti consecutivi e degli altri trofei finiti in casa bianconera; la BBC è parsa fuori fase, sempre in balia degli avversari e, in aggiunta, per nulla protetta da un centrocampo che ha fatto acqua da tutte le parti ed è stato soverchiato anche in quelli che dovevano essere giocatori abituati a certe side come Dani Alves e Khedira.
Davanti poi, se si esclude Manzukic (il meno atteso dei tre, ma l’unico sufficiente dei suoi), è stato un pianto “argentino”, con Dybala che si limita a qualche “tocchetto” ininfluente ed Higuain che è il solito assente delle grandi occasioni; il Pipita segnerà anche tante reti, ma quando le sfide contano sparisce, come è successo con lo stesso Real, il Napoli e la Nazionale Argentina, tanto che proprio a Madrid hanno vinto tre Champions in quattro anni, ovvero da quando Gonzalo ha preso la strada di Napoli prima e poi di Torino e chissà se è solo un caso?
Vabbè, il sogno è sfumato ma riprenderà tra poco meno di due mesi, quando inizierà la nuova stagione e ci sarà una nuova Coppa dalle grandi orecchie ad attendere la Juventus; che i protagonisti siano gli stessi o ci siano cambiamenti, ce lo diranno l’estate ed il mercato pallonaro, anche se è facile prevedere che occorrano forze fresche per un nuovo assalto a quello che più di un sogno sembra, sportivamente parlando, diventata una maledizione.

A cura di Maurizio Vigliani

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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