Da diverse ora è in corso una riunione del governo britannico convocata dalla premier Theresa May per cercare di ottenere il via libera di tutti i ministri alla bozza tecnica d’intesa sul divorzio dall’Ue dopo mesi di negoziati sulla Brexit con Bruxelles. Si attende una qualunque indicazione e i media del Regno si affollano di fronte al numero 10 di Downing Street. All’imbocco della strada, intanto, qualche decina di attivisti pro Remain tenuti a distanza di sicurezza dalla polizia manifesta pacificamente invocando un nuovo “voto del popolo” sulla Brexit. Vale a dire di un secondo referendum, dopo quello vinto dal fronte pro Leave nel giugno 2016: una sorta di rivincita scartata d’altro canto categoricamente oggi dalla premier, ancora una volta, nel tradizionale Question Time del mercoledì alla Camera dei Comuni.

E cresce il furore dei falchi ‘brexiteers’ contro Theresa May nel Partito Conservatore, in attesa del possibile via libera da parte del governo britannico alla bozza d’intesa sul divorzio dall’Ue. Lo riporta la Bbc citando fonti parlamentari secondo cui alcuni deputati dall’ala ultrà hanno già mandato lettere per chiedere la testa di May al comitato 1922, l’organismo Tory chiamato a indire nuove elezioni per la leadership. Se il numero totale raggiungerò il minimo richiesto, la mozione potrebbe essere formalizzata domani.

La premier, decisa a ottenere il via libera all’intesa, serra i ranghi della compagine affidando a un fedelissimo, il viceministro dell’Interno Nick Hurd, anche l’interim di viceministro dei Trasporti e responsabile della politiche governative per Londra al posto di Jo Johnson: fratello minore anti-Brexit di Boris dimessosi nei giorni scorsi in polemica con la linea negoziale di May e invocando un referendum bis.

I dissensi che minacciano la premier non si fermano tuttavia a Johnson junior. La bozza d’accordo sul tavolo è infatti già sotto il tiro non solo delle opposizioni, ma anche di entrambe le opposte ali ribelli Tory: i falchi brexiteers guidati da Boris; e le colombe pro-Remain, di cui con Jo fanno parte almeno una dozzina di deputati. Mentre riserve sulla bozza – in relazione alla soluzione trovata sullo spinoso nodo di come mantenere un confine senza barriere fra Irlanda e Irlanda del Nord – arrivano anche dai vitali alleati della destra unionista nordirlandese del Dup. A difendere il “compromesso possibile” raggiunto da May con Bruxelles si schiera invece in queste ore lord William Hague, ex ministro degli Esteri ed ex leader dei Conservatore, espressione di quello zoccolo duro centrista del partito che Downing Street spera sia in grado alla fine di orientare le scelte.

La bozza d’intesa tecnica “raggiunta” a Bruxelles sulla Brexit “avvicina significativamente” il Regno Unito verso “ciò per cui il popolo ha votato” nel referendum del 2016, ha detto la May nel Question Time ai Comuni, confermando per il pomeriggio la riunione del governo destinata a vagliare il testo. Attaccata dal leader laburista Jeremy Corbyn, la premier Tory ha rivendicato di voler chiudere “un accordo nell’interesse nazionale” e ha ribadito che il regno “riprenderà il controllo” dei suoi confini, delle sue leggi, del suo denaro.

Il referendum sulla Brexit “non sarà ripetuto” e Londra “lascerà l’Ue, l’unione doganale, la politica comune sulla pesca e sull’agricoltura”, ha ribadito.

Il vertice straordinario sulla Brexit, se il gabinetto May darà il suo ok all’accordo, potrebbe tenersi il 25 novembre, lo ha detto il premier irlandese Leo Varadkar ai parlamentari, a Dublino, secondo gli on-line di vari media.

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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