La Borsalino, marchio dei cappelli per eccellenza, è ufficialmente fallita.
In queste ore, un tribunale ha respinto la seconda richiesta di concordato (la prima fu nel 2015) avanzata dallo svizzero Camperio.
E’ stata la sua Haeres Equita a raccogliere, due anni fa, i cocci di un’azienda precipitata nel baratro a causa di un azionista scomodo, il bancarottiere Marco Marenco, arrestato nell’aprile del 2015 a Lugano per un crac monstre da oltre 3 miliardi nella girandola di decine di società attive nel trading del gas (tutte fallite).
Camperio si fece carico del risanamento. Ma qualcosa non ha funzionato e la Borsalino imbocca il viale del tramonto, per parafrasare un titolo caro a quella Hollywood che l’ha resa un’icona di stile nel mondo. In mezzo ci sono 160 anni di storia e di mito, e pure un francobollo, voluto appena pochi mesi fa dal ministero dello sviluppo economico per celebrare tutta quella storia e collocare l’azienda tra le “Eccellenze del sistema produttivo”. Questa eccellenza è stata lasciata morire. Resteranno il bianco e nero di miti come Hamphrey Bogart, ricorderemo l’aura di mistero così tipica dei suoi cappelli, indossati dai gangster veri, come Al Capone, o falsi, come la coppia Alain Delon-Jean-Paul Belmondo in “Borsalino”; oppure dagli eroi tenebrosi, come Indiana Jones, e perfino dai mostri, come Freddy Kruger. Senza dimenticare il panama di Michael Jackson. Nel pomeriggio, fanno sapere i sindacati, ci sarà un incontro con i lavoratori e i curatori fallimentari.

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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