Tasse

Quantitative easing sì, ma al popolo e non più alle banche. E’ quanto sostiene il movimento “Quantitative easing for the people”, che ha illustrato le proprie tesi davanti al Parlamento europeo.
Il movimento ha sinora raccolto l’adesione di 65 tra economisti di università europee, commentatori e professionisti della finanza ed è sostenuto da 21 associazioni dei quasi tutti i paesi europei.
La tesi è che nella sua forma attuale il programma di acquisto titoli provoca più danni e pericoli che vantaggi.

IL FALLIMENTO DEL QE – I programmi di “quantitative easing” varati dalle banche centrali per tentare di rimettere in salute economie debilitate, hanno portato all’acquisto di titoli di stato e bond per circa 80 miliardi di euro al mese nel caso della Banca centrale europea, con il duplice effetto di aumentare la moneta in circolazione e sostenere i valori degli asset finanziari. Due elementi che dovrebbero spingere l’economia ma che vanno a favorire soprattutto le istituzioni finanziarie e le classi più abbienti accrescendo le diseguaglianze. In pratica si tratta di politiche monetarie regressive. Motivo per cui il malcontento inizia a crescere anche negli ambienti accademici economici. In alternativa, suggeriscono i firmatari, i soldi dovrebbero essere iniettati direttamente nell’economia reale per finanziare ad esempio investimenti pubblici per infrastrutture “verdi” o per programmi di edilizia sociale.
175 EURO A TESTA – A mo’ di provocazione i promotori calcolano che, se i fondi della Bce venissero versati direttamente alle famiglie invece che agli istituti finanziari, ogni europeo riceverebbe un assegno mensile di 175 euro. In questo modo, secondo i promotori del movimento, gli effetti su crescita economica, consumi ed occupazione sarebbero decisamente più efficaci e tangibili.

I NUMERI DELLA BANCA D’INGHILTERRA – A tal proposito la banca centrale inglese, che ha condotto a sua volta un programma di quantitative easing, ha stimato che per effetto delle sue politiche la ricchezza delle famiglie inglesi è cresciuta di 600 miliardi di sterline, ossia 10 mila sterline per abitante se l’effetto fosse equamente distribuito. In realtà il 10% più ricco della popolazione possiede il 70% degli asset finanziari e quindi i benefici sono stati incamerati quasi esclusivamente da chi era già ricco o quantomeno benestante. Una leva che ha allargato ulteriormente il livello di diseguaglianza. Non esiste una stima analoga riferita all’intera zona euro, ma il meccanismo è analogo e verosimilmente le proporzioni non dovrebbero essere troppo differenti.

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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