Il monito mondiale arriva direttamente dall’Onu che chiede un divieto assoluto “wet mercati” in cui si vendono animali selvatici, proprio come in quello di Wuhan, in Cina, che si ritiene essere stato il punto di partenza della diffusione del coronavirus che sta dilagando su 200 paesi

L’invito che non vuole avere assolutamente una cartolina di ritorno da parte dei paesi asiatici, arriva con le parole di Elizabeth Maruma Mrema, responsabile della convenzione delle Nazioni Unite sulla biodiversità, ed è diretto a quei mercati dove si vendono animali, vivi o morti, destinati al consumo umano. Vengono chiamati “mercati umidi”, un nome che deriva in parte dal sangue, dalle viscere, dalle squame e dall’acqua che bagnano i pavimenti delle bancarelle. Un vero inferno per gli animali che vivono le loro ultime ore di vita nel terrore, assistendo alle brutali uccisioni dei loro simili fatte al momento per soddisfare i clienti che desiderano carne appena macellata senza un’accurata igiene e spregiudicatezza.

Nelle scorse settimane la Cina ha emanato un divieto temporaneo ai mercati di fauna selvatica, ma non lo ha ancora reso permanente, cosa che occorre fare assolutmente.

Il messaggio che stiamo ricevendo è se non ci prendiamo cura della natura, lei si prenderà cura di noi” ha ribadito Mrema al Guardian, facendo riferimento ai casi dell’Ebola nell’Africa centro-occidentale e il virus Nipah nell’Asia orientale, chiari segnali del collegamento tra la distruzione della natura e nuove malattie umane che mietono migliaia di morti.

“Sarebbe utilissimo vietare i mercati degli animali vivi come ha fatto la Cina e altri Paesi in queste settimane. Ma dovremmo pure ricordare che ci sono comunità, nelle zone rurali a basso reddito, in modo particolare in Africa, che dipendono dagli animali selvatici per sostenere il sostentamento di milioni di persone. Quindi, a meno che non troviamo alternative per queste comunità, questo potrebbe far emergere il pericolo di continuare il commercio illegale di animali selvatici che attualmente sta già portando sull’orlo dell’estinzione alcune specie”.

Mrema, alla fine si è detta ottimista sul fatto che il mondo, dopo la pandemia, prenderà più seriamente le conseguenze della distruzione della natura sulla scia delle conseguenze di Covid-19 e che questo inciderà sulle decisioni dei Paesi che prenderanno quando torneranno a negoziare il quadro post-2020 per la biodiversità, definito l’accordo di Parigi per la natura.

Il Direttore editoriale Carlo Costantini – Foto Shutterstock

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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