Quando Christiaan Barnard trapiantò il primo cuore il 3 dicembre 1967, i tempi non erano maturi. Ma lui osò e ne fu premiato.

Christiaan Barnard, era già carismatico chirurgo 45enne all’epoca dell’intervento. A Città del Capo, in Sudafrica, mise il cuore di una donna di 25 anni in un uomo di 55. L’impresa colpì anche perché il cuore è considerato la sede simbolica dell’amore e della vita terrena.

Chi lo conosceva da vicino lo chiamavano in reparto il gran lavoratore, il professore intelligente, e un uomo ambizioso, insolente e volte persino arrogante; agiva con la convinzione che qualsiasi cosa gli altri sapessero fare, era in grado di farla anche lui, fino in fondo con grande carisma come devono avere i grandi delle sale operatorie quando si tratta di vita o di morte. Quando scoprì che un chirurgo russo aveva trapiantato a un cane una seconda testa, andò subito nello stabulario e ripeté l’esperimento, mostrandoci con fierezza il grottesco risultato. Eppure l’intervento non serviva a nulla, se non a esibire il suo virtuosismo con il bisturi. L’uomo in questione è Christiaan Barnard, il chirurgo sudafricano autore del primo trapianto cardiaco. A tracciarne questo ritratto, non proprio lusinghiero – soprattutto se si considera che fu scritto in occasione della sua morte (il 2 settembre del 2001) – fu un vecchio collega, l’endocrinologo Raymond Hoffenberg. Ma perché questa malcelata acrimonia?

Barnard, rimane uno dei pochissimi chirurghi a essere passato alla Storia, era poco apprezzato dai compagni di lavoro. Non tanto per le capacità tecniche (indiscusse) ma piuttosto per quell’insieme di comportamenti che gli antichi Greci avrebbero definito hybris: la tracotanza di chi ritiene di poter superare qualsiasi limite, di chi persegue i propri obiettivi violando leggi, usanze e tradizioni condivise. Tanto per dirne una, quando il 3 dicembre 1967 espiantò il cuore da una giovane donna per trapiantarlo in un uomo di mezza età, Barnard era, almeno secondo le leggi di allora, un omicida. Non solo. Ai tempi della sua storica impresa non era il cardiochirurgo più quotato al mondo, né l’ospedale Groote-Schuur di Città del Capo, dove operò, era considerato la punta di diamante per i trapianti d’organo.

A quei tempi, infatti, per decretare la morte di una persona si faceva riferimento al cuore: si era ufficialmente deceduti quando questo cessava di battere. Va detto però che alcune innovazioni mediche stavano minando questa convenzione. L’introduzione della respirazione artificiale (prima con il polmone d’acciaio e poi con la ventilazione artificiale), il perfezionamento del massaggio cardiaco (la compressione ritmica del torace per permettere a un cuore in arresto di riprendere a battere) e l’invenzione della defibrillazione cardiaca (una scossa di corrente alternata che interrompe le gravi aritmie) avevano portato alla nascita di una nuova disciplina che “resuscitava” persone dal destino segnato, che non a caso fu chiamata “rianimazione”.

I medici si trovarono così alle prese con una serie di casi mai visti prima. Alcuni individui colpiti da gravi lesioni cerebrali, una volta sottoposti a ventilazione meccanica, invece di morire o riprendersi restavano in uno stato di completa incoscienza: non avevano segni di attività nervosa, non rispondevano a stimoli esterni, non respiravano da soli.

Questo nuovo stato fu battezzato coma depassé, cioè “al di là del coma”, ma era evidente che si poneva un dilemma: che fare di queste persone, il cui cuore continuava a battere? La maggior parte dei medici riteneva che per loro non vi fosse possibilità di ripresa, essendo il cervello completamente danneggiato. Ma tutto era ancora incerto e la decisione di “staccare la spina” restava discrezione dei medici.

Porto ora alla luce un caso familiare, che mi ha toccato in modo profondo negli anni e che ancora tutt’ora e ben visibile. Quando mio papa’ venne operato dal Prof. Becks appena trentacinquenne in una clinica privata di Marsiglia, il grande Barnard tramite un collegamento telematico ebbe a dare istruzione al chirurgo francese che stava intervenendo sul cuore del babbo. Fu un’operazione difficile, lunga, ma che alla fine andò bene. Il grandissimo Christiaan, allungo di fatto di altri 15 anni la felicità al fondatore di questa casa editrice. Gli Ebrei, hanno sempre considerato Barnard il “Dio in Terra”, artefice di salvezze umane spacciate.

Il Direttore editoriale Carlo Costantini – Foto Getty Image

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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