Un immagine sta spopolando sul web ed è ripresa dai quotidiani in questi giorni: il presidente Mattarella in attesa di essere sottoposto alla vaccinazione anti-Covid 19 in una sala dello Spallanzani.

In una fotografia l’essenza della civiltà e del rispetto, in un’epoca che ha fortemente necessità di simboli e di esempi.
Seppur vero che tutti sono esasperati da lock-down, dall’alternanza di periodi zona rossa, zona arancione, arancione scuro, gialla, – stanno finendo i colori – , bianca a no bianca è solo la Sardegna, da regole ed imposizioni che cambiano nel giro di poche ore, incalzati da una molteplicità di trasmissioni televisive, sorte come funghi dopo una pioggerella e relativo sole successivo, dove ognuno si sente in diritto di esplicitare tutto ed il contrario di tutto, dove si alternano luminari e pseudo tali a fornir mille indicazioni e teorie, rimaniamo restii a rispettare le normali norme del vivere civile.

Rimaniamo restii a rispettare noi stessi e gli altri.
Siamo sempre pronti a tirare in ballo i nostri diritti sanciti anche da norme. Ma quando le norme impongono dei restringimenti si urla alla libertà.
Ricordo un insegnamento di un Professore di diritto: i nostri diritti si fermano quando ledono il diritto degli altri.
Più semplicemente alle volte si riduce alle parole “buona educazione”.

Così c’è il popolo dei “portare la mascherina non serve a niente” “mantenere la distanza di un metro non serve a niente” “lavarsi bene mani e non toccarsi gli occhi non serve a niente” “il vaccino no fa male non lo faccio” “si vaccinino gli altri così basta solo il 75% dei vaccinati per sconfiggere la malattia” “lo Stato non fa niente contro il Covid” , e via di questo passo.

A tutto ciò aggiungiamo che il mondo lavorativo ha dovuto adeguarsi a questi tempi; chi ha un’attività che si rivolge al pubblico, deve costantemente rispettare indicazioni che variano con il variare dei colori, e che impongono ai clienti di rimanere in attesa in coda fuori dagli esercizi commerciali. Per altre attività occorre invece prendere appuntamento.

Sempre esistiti i furbetti della coda, quelli che devono usare le corsie preferenziali per saltare il proprio turno ed avanzare di due posizioni, quelli che in autostrada saltano da una corsia all’altra, quelle persone che al supermercato con un solo articolo ti chiedono di passare davanti in cassa anche quando alle casse automatiche non c’è nessuno, quelli che quando arriva il pullman devono mettersi davanti alle porte senza lasciar scendere perché devono salire per primi, quelli che con tanto di posto numerato assegnato allo stadio devono comunque provare a spintonare e passarti davanti, per non parlare dei pedoni che arrivano al semaforo e se ci son persone in attesa del verde devono passare davanti e speriamo che attendano il via libera, ma spesso si gettano ad attraversare sconsideratamente.

Il popolo che non rispetta chi è in attesa, le persone che hanno sempre qualcosa di urgente rispetto a te che magari sei in coda da un’ora. Il popolo che ha fretta, sempre fretta.

E la questione appuntamenti? Ad esempio per accedere agli sportelli pubblici, ai laboratori analisi delle USL, a molte filiali bancarie, occorre prenotare un appuntamento. C’è chi si attiene ed opera in tal senso. Ma ci sono tante, veramente tanti cittadini che, pur sapendolo, si recano lo stesso senza aver fissato un orario, si assembrano fuori dalle porte e pretendono di entrare, perché nei locali non c’è nessuno a detta loro, ed in presenza di cartello ben chiaro che occorre rispettare il rapporto 1:1, cioè un dipendente un cliente.

E nella mentalità di molti, anche se si prende appuntamento, recarsi prima anche due ore rispetto all’orario fissato, può consentirti di passare davanti.

Quindi discussioni infinite tra le stesse persone che attendono, spesso senza mascherina, tentativi di entrare mentre sta entrando qualcun altro, un’insofferenza che ha radici lontane, dura da scardinare.

Il popolo delle urgenze, il popolo che non sa aspettare il proprio turno.

A cura di Patrizia Ferro editorialista – Foto Imagoeconomica

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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