Quella di Arrigo Sacchi, non c’è dubbio è stata una carriera folgorante, ricolma di grandi successi, fino al punto che venne soprannominato “Signor Nessuno” dalla stampa nazionale, fino ad essere eletto dal Time nel 2007 come “il miglior allenatore italiano di tutti i tempi”.

Arrigo, prima di arrivare a Cesena nel settore giovanile, aveva fatto scuola nella Rimini calcio. Impossibile per me non ricordare quel periodo degli anni ottanta, perchè ero tesserato nella Primavera del Cesena calcio. Il ricordo è ancora ben visivo. Dal suo arrivo cambiò tutto il sistema, meno umanità, più regole all’interno dello spogliatoio e non meno nello studio scolastico e dento i campi di allenamento, come in quelli delle gare ufficiali.

Per l’allenatore di Fusignano (RA), Cesena è stata terra di trampolino di lancio come d’altronde è accaduto per altri tecnici sconosciuti alla grande platea sportiva. Queste le sue parole rilasciate dopo aver appeso gli scarpini al chiodo, dico e rafforzo scarpini, perchè l’Arrigo durante le partitelle in famiglia con la prima squadra bianconera all’antistadio, non stava certo seduto nella piccola panchina di ferro, ma si buttava nella mischia a dirigere il compito tattico, lo stesso che solitamente ci illustrava alla lavagna.
“Ha Cesena ho iniziato con il calcio vero, tre anni da responsabile del settore giovanile bianconero sostituendo Gastone Bean; nel 1982 e un tricolore vinto con la Primavera. Fu il mio amico Ettore Rognoni, figlio del Conte, a invitarmi a fare l’allenatore, parlando con Allodi, anche se in verità lo facevo già a Fusignano. Non avevo però il patentino e frequentai Coverciano grazie all’interessamento del Cesena calcio. Cosa mi disse il presidente Manuzzi? Che andava bene a patto avessi pagato io. Così è stato”.

Innegabile, decretare il fatto, a distanza di tanti anni, che il “Ragioniere del calcio” avrebbe fatto di questo sport uno spettacolo tutto suo per divenire il migliore di tutti sognando in grande.

Ma tornando a quegli anni ricordo bene più o meno il suo discorso che face a tutta la rosa: “Dobbiamo smetterla di considerare la furbizia una virtù e l’arrangiarsi un’arte: il perfezionismo deve battere il nostro pressappochismo radicato.
Sognare non costa nulla, quante volte ce lo siamo ripetuti? Eppure il sogno per me e per voi non è una vaga speranza che finiamo col riporre in qualche cassetto. Il sogno deve essere il nostro obiettivo, non importa quanto grande sia. Bisogna pensare a sogni ed obiettivi come sinonimi, cioè prima di tutto è necessario iniziare noi stessi a pensare di potercela fare, ad avere se non altro il coraggio di tentare contro ogni avversario. Ed occorre anche non spaventarsi e tornare indietro alle prime difficoltà: infatti, tanto più puntiamo in alto, tanto più è probabile che all’inizio dovremo affrontare delle difficoltà. Se stiamo cercando di costruire un grattacielo e gli altri una capanna non dobbiamo perderci d’animo, perché sappiamo che solo con un solido lavoro iniziale potremmo arrivare in alto, mentre gli altri pur beneficiando di una capanna nell’immediato non andranno oltre e non saranno certo in grado di costruire qualcosa di grande senza un adeguato lavoro iniziale. E per raggiungere obiettivi elevati bisogna smettere di demonizzare il perfezionismo come una mania, quasi come una forma di nevrosi. La perfezione si accompagna all’eccellenza delle nostre azioni sia nello studio che nella pratica
“.

E’ innegabile un’altra cosa determinante nella grande carriera di Sacchi, quella che lo si deve legare saldamente a Silvio Berlusconi, al Milan di Van Basten, Gullit, Rijkaard, Baresi, Tassotti, Rossi il portiere imbattibile, che iniziò proprio a Cesena la sua scalata con l’Arrigo di Fusignano.

Il Milan, grazie ai tanti campioni in squadra, ma al suo modo innovativo di come agire sul pallone ha vinto praticamente tutto, persino la coppa Intercontinentale, la più appetibile, la più difficile da raggiungere per ogni Club. I rossoneri con Sacchi sono stati i più forti del Mondo, ma anche in questo caso, fece scalpore un suo commento rivolto ai suoi calciatori che gli domandavano, mister, ma è vero che siamo i più forti di tutti?
“Sì, siamo i più forti del mondo fino a mezzanotte. Domani si ricomincia. Vediamo di non adagiarsi sugli allori. Sentirsi arrivati è una bellissima sensazione, ma come tutte le sensazioni piacevoli può dare assuefazione e produrre risultati disastrosi. Non bisogna pensare a quanta strada abbiamo già fatto, ma a quanta ce n’è ancora da fare. E, sappiate una cosa, ero sempre in difficoltà con i contratti, perché farmi pagare per una cosa che mi piaceva cosi tanto mi pareva troppo…”

Per elencare tutti i titoli che il “Diavolo rossonero” ha messo nella sua bacheca con Arrigo Sacchi basta andare su wikipedia in lingua italiana. Vorrei invece terminare questa apoteosi rossonera passata alla storia e l’esperienza dell’ex c.t. della Nazionale azzurra con i premi che gli sono stati riconosciuti e una mia personale esperienza vissuta durante un torneo nazionale a Novafeltria.

Nel 1994 è stato Commissario Tecnico della Nazionale italiana vice campione del mondo ai mondiali di calcio.
Arrivato al suo primo incarico come allenatore di Serie A con uno scarno curriculum e senza essere mai stato un giocatore, Arrigo Sacchi rivoluziona metodi di allenamento e strategie di partita, collezionando un successo dietro l’altro.

Nel settembre 2007 il Times lo ha nominato “Miglior allenatore italiano di tutti i tempi” e 11º in assoluto a livello mondiale.

Nel 2011 è entrato a far parte della Hall of Fame del calcio italiano.
La FIGC gli ha conferito il premio “Seminatore d’oro”.
L’Università di Urbino ha conferito a Sacchi la laurea honoris causa in Scienze e Tecniche dell’Attività Sportiva.
Nel 2012 è stato insignito dell’Onorificenza dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana.

Ricordo – Si giocava una finale (si vede che era predestinato ad andare nella città meneghina) contro la Primavera del Milan.
Nel primo tempo, noi che vestivamo quella del cavalluccio eravamo sotto di una rete, in gol Chicco Evani che diventò nel tempo, dopo la sua carriera, (presagio) il responsabile del settore giovanile dei rossoneri.

Nello spogliatoio, durante la pausa, Sacchi ci fece capire che loro avevano dei punti deboli e che dovevamo aggredirli negli spazi liberi per metterli in seria difficoltà, perchè fisicamente erano più forti. Avevamo dunque un solo obiettivo per vincere quel titolo, quella coppa; gonfiare i polmoni e schiacciarli nella corsa, anticipandoli con due tocchi di palla per trovare la profondità nelle vie orizzontali. Iniziò la ripresa, consci delle nostre responsabilità e delle nostre risorse, incominciammo la rincorsa per ottenere la parità del risultato, cosa che arrivò dopo venti minuti di pressing asfissiante con Battistini di Cervia, un fuoriclasse. Il Milan era in difficoltà, non si aspettava una tale reazione da parte nostra. Sacchi, dalla panchina aveva capito che avremmo potuto addirittura ribaltare il risultato e iniziò una sorta di lezione tattica durissima, facendo alzare gli esterni a sostegno dei due mediani e dell’unico centrocampista (che ero io), tutto il baricentro della squadra.
A un minuto dal triplice fischio, presi palla sulla destra, mi involai come un fulmine fino al limite con un colpo di tacco e scavalcai il loro ultimo difensore, libero poi di agire a testa alta mi accorsi che Battistini era in ottima posizione quasi dentro l’area piccola, gli misi il pallone sul piede destro (quello da lui preferito), appena il tempo di fare due passi e mettere la sfera in fondo al sacco. Arrivò il sorpasso definitivo sul Milan più quotato. Festeggiammo la vittoria stremati, ma la coppa era nostra dietro la contentezza di tutti.

Arrigo Sacchi, però aveva ancora qualcosa da dire e quel qualcosa era rivolto a me.
“Prima mi diede un pizzicotto dietro alla coscia e poi… ti ho insegnato a giocare palla a terra e a non fare esercizi circensi da acrobata… comunque ci hai messo del tuo…”.

Come dire che quel colpo di tacco che aveva propiziato il raddoppio di Battistini, gli era rimasto indigesto!

Prima del Covid con l’arrivo dell’estate era solito dopo anni e anni scambiare due chiacchiere amichevoli a Milano Marittima.

Il Direttore editoriale Carlo Costantini – Foto Valerio Casadei

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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