Verrà presentato il prossimo 25 settembre presso la Domus Ars di Napoli – Via Santa Chiara 10 – l’attesissimo sequel di “Shoah – La cintura del Male” di Antonio Masullo intitolato “Mafalda di Savoia – La perla di Buchenwald – I 7 giorni”.

Ho avuto modo di conoscere personalmente Antonio in occasione della presentazione al Senato della Repubblica, nel novembre di due anni fa, di “Shoah – La cintura del male”, romanzo estremamente coraggioso e autentico in cui, grazie ad espedienti narrativi magistralmente orchestrati, l’autore è riuscito a porre l’attenzione su uno dei fatti più cruenti della storia, la Seconda Guerra Mondiale, in modo particolare sul Nazismo e appunto sulla Shoah, sviscerando quanto non detto dagli storici e dai libri di storia, ossia le motivazioni occulte legate all’esoterismo nazista che sono state alla base di uno scempio che ha mietuto decine di migliaia di innocenti vittime.

In Shoah, romanzo nato dall’incontro avvenuto a Fossoli tra Antonio, un ex partigiano della Resistenza Romagnola e un ex Ufficiale della Wehrmacht sopravvissuti alla Guerra, che si sono resi all’autore testimonianza vivente delle tragedie vissute, Masullo aveva già introdotto la figura di Mafalda di Savoia, figlia di Vittorio Emanuele III e moglie di un principe tedesco, madre di quattro figli, nota come la principessa martire di Casa Savoia. Di lei aveva parlato con dolcezza, comprensione, pudicizia e grande rispetto, lasciando intendere al pubblico, anche durante le numerose presentazioni del libro (tra cui una anche al Parlamento Europeo) che, quando la penna della sua anima fosse stata pronta, avrebbe dato voce a questa dolce principessa, affinché potesse finalmente essere conosciuta e ricordata “per la bontà del suo cuore, e non del suo titolo”.

Un paio di settimane fa Masullo mi ha comunicato di aver dato voce e vita a “Mafalda di Savoia – La perla di Buchenwald”, che ho avuto l’onore di leggere in anteprima. Antonio si è riconfermato un uomo dalla grande integrità morale, integrità che l’ha portato a riconoscere quel bisogno viscerale ed intimistico di compiere, attraverso la scrittura, la chiamata della sua anima.

Al di là dei titoli e delle competenze infatti Antonio Masullo (avvocato penalista, giornalista pubblicista e scrittore, già autore dei libri “Solo di passaggio”, “Namasté – In viaggio verso te”, “Il diario di Alma” e, appunto, “Shoah – La cintura del male”) è un Uomo che ha intrapreso, compreso e coraggiosamente accolto la sua Missione, il suo Scopo nella vita, che è quello di rendere Giustizia e Memoria, attraverso la scrittura, a persone ombreggiate o addirittura omesse dai fatti storici che hanno vissuto e di cui hanno fatto parte e che, se solo non fosse stato loro negato il diritto alla parola, avrebbero permesso di scrivere la storia in modo completamente diverso. Questo è quello che è successo proprio con Mafalda di Savoia, l’amorevole e preziosa Muti.

Perché hai scelto di dare voce proprio a Mafalda di Savoia? gli ho chiesto.

Perché di lei mi è stato detto e riferito da queste due memorie storiche che ho incontrato nel 2013 a Fossoli; in modo particolare l’ex partigiano della Resistenza romagnola mi aveva parlato di Mafalda di Savoia e di questi suoi colleghi partigiani che l’avevano riconosciuta all’interno del campo di sterminio di Buchenwald. Ti anticipo già che questo testo è centrale, il prossimo porterà alla luce la figura di Maria Orsic e tratterà di esoterismo e spiritualismo puro; in questo secondo romanzo quanto già anticipato in Shoah assume connotazioni sempre più reali: ho infatti voluto accompagnare il lettore in un mondo parallelo, quello esoterico, di cui ancora poco si parla ma che fa parte della quotidianità, e quindi della storia.

In questo nuovo romanzo ti occupi di descrivere gli ultimi sette giorni della vita di Muti. A cosa è dovuta questa scelta?

Innanzitutto sette è il numero della maestria, della perfezione, il numero che mi accompagna da sempre. Poi perché negli ultimi sette giorni della sua vita su questo piano fisico Muti si riconosce madre di se stessa dopo aver fatto un percorso a ritroso, nei suoi dieci lunghi mesi di prigionia, partendo da quando era bambina. Capisce di essere diventata madre di se stessa nel momento in cui lo accetta, quando spiritualmente si distacca da tutto quello che la circonda e dice “questo è il mio cammino”, “è così che doveva andare”, quando smette con tutti i “se” che non servono più a nulla e lo fa senza accusare nessuno della sua sorte, quando accetta che nella vita “non doveva essere la moglie di… o la figlia di…” ma essere semplicemente Se Stessa, ovvero Muti.

Cosa la rende così speciale?

La sua Verità, il suo percorso interiore, tutto quello che aveva vissuto prima della Baracca 15 si avvalora all’interno di quelle mura. Lei dà un senso alla sua vita lì dentro. Se non le fosse successo quello che le è accaduto forse non avrebbe avuto lo stesso percorso. Se lei fosse ritornata e sopravvissuta all’olocausto sicuramente la sua storia sarebbe stata scritta in modo diverso. E sono certo, proprio in virtù del dolore emotivo e psicologico subito, che lei avrebbe detto la verità e non si sarebbe fatta mettere il bavaglio da nessuno.

Il tuo bisogno era dire la verità al posto suo?

Sì. Ho risposto ad un mandato spirituale.

Perché era detta “la perla di Buchenwald”?

La perla era il gioiello che lei più amava per eleganza; inoltre, il marito in intimità la chiamava Perla. “Perla di Buchenwald” perché lei brilla all’interno del campo quando decide di accettare il suo destino e se stessa. So peraltro da fonti certe che durante la deportazione aveva con sé un anello, che nascondeva sotto un paio di guanti sgualciti – guanti che nel testo diventano apporto fisico di medianità, segno di presenza spirituale di Muti accanto a una delle due donne protagoniste di quello che è potrei definire il “romanzo nel romanzo”.

Come mai hai scelta di parlare di medianità in modo così palese?

L’apporto dalla medianità è molto forte soprattutto in Brasile, da noi se ne parla ancora poco, ma la verità che ci circonda non visibile, è quella la vera realtà.

Non solo Muti, ma anche Mara, Lelé, Irene: la presenza femminile in questo romanzo è molto forte, così come lo era successo in Shoah, donne a cui affidi grandi capacità di CURA.

Il concetto di CURA è arrivato scrivendo. Il testo si è scritto da sé, così come Shoah. Le cose si sono messe in relazione tra loro, tutto si è posizionato secondo un ordine naturale di matrice spirituale, io sono stato un mero esecutore di quella che si è rivelata essere una vera e propria cura spirituale.

Quanto parla di Antonio Masullo questa opera?

Parla di quello che spera Antonio. Mi sono dedicato alla ricostruzione della memoria spirituale di Mafalda di Savoia proprio in virtù del mandato spirituale che ho sentito e che sento di dover portare a termine. Ho anche un piccolo grande sogno nel cassetto da realizzare: riuscire a fare in modo che, dal punto di vista giuridico normativo – attraverso questo tipo di scrittura, la memoria diventi Diritto Umano di matrice spirituale in base alla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo.

Hai presentato Shoah al Senato della Repubblica e al Parlamento Europeo: vi porterai anche Mafalda?

Seguirò il percorso, andrò dove mi porterà. So che però è un testo atteso da molte persone.

Se è vero che questo secondo testo dà molte risposte, è anche vero che lascia molti punti di domanda, sia per quanto riguarda la parte romanzata che per la memoria storica. Troveremo le risposte nel suo sequel cui accennavi?

Con Shoah ero preoccupato della cornice storica, tant’è che per scriverlo ho compiuto un lavoro che definirei quasi storiografico. Qui invece quello che doveva emergere era la figura umana e spirituale di Mafalda di Savoia di cui poco si è scritto, se non peraltro poco e male, facendola apparire per quello che non era: lei aveva un animo benevolo e rivoluzionario che ha aiutato molte persone, pur sapendo che Hitler aveva autorizzato alla sua morte, a cui lei non aveva possibilità di salvarsi.

Mafalda credeva nella reincarnazione?

Muti era molto cattolica, ma ha compreso alla fine che lo spirito va oltre la religiosità, che lo spirito non ha limite e che, perciò, va oltre. Il suo scopo finale, quello che avrebbe dato Senso alla sua vita e alla sua sofferenza, era che si sapesse la VERITA’ di lei. Voleva cancellare l’ignominia dal suo nome. Voleva che si sapesse che fino alla fine aveva lottato non solo per i suoi figli, ma per tutto il suo popolo.

In Shoah avevi trattato la MEMORIA come valore storico. Oggi assume sfumature diverse, oserei dire più preziose.

Lo confermo. Se Memoria in Shoah aveva un valore storico che andava in direzione della giustizia spirituale – per non dimenticare le persone che hanno vissuto la storia, oggi quella Memoria assume un valore ancora diverso. La memoria storica diventa memoria spirituale. E, già ti anticipo, quella della Orsic sarà una memoria ancora diversa perché porterà alla luce le vere motivazioni del vero volto del male del nazismo, pur essendone stata lei stessa vittima e non carnefice.

Un’altra parola chiave che si legge tra le righe di Mafalda è SPERANZA. Cos’è per te la Speranza?

È l’input che dà ad ognuno di noi la possibilità di guardare avanti e di rinvigorire la propria forza interiore, di dire “forse forse ce la faccio”: è stata la speranza di potercela fare che mi ha permesso di poter scrivere di Mafalda di Savoia. Ho creduto a quello che mi è stato detto, e quello che ho scritto l’ho descritto.

La SCRITTURA diventa con te MEZZO per riconsegnare al Mondo la VERITA’…

La scrittura, così come la medianità, è un mezzo, uno strumento, così come lo sono io, come lo sono molti di noi ognuno con le sue potenzialità e i suoi talenti.

Dove vuoi arrivare e a chi con i tuoi scritti?

Alle persone che poco sanno di questa storia, ma anche a persone che sanno tanto di questa storia, persone che si pongono domande come me, con cui possa essere possibile fare incontri, confrontarsi.

Qual è, infine, per te, il SENSO di questo romanzo?

Quello di continuare a parlare di Memoria in un’ottica diversa, dove la Memoria non ha bisogno della Storia ma di elementi che la ricostruiscano, pur andando spesso in collisione con la Storia stessa. La Memoria assorbe la Storia.

Nell’attesa di conoscere i dettagli relativi alla prima presentazione dell’opera, compresi i nomi di illustri relatori che stanno confermando in questi giorni la loro adesione, non mi rimane che consigliare, a chi non l’avesse ancora fatto, di leggere Shoah – La cintura del Male per prepararsi a questa straordinaria nuova uscita. Chi volesse può acquistare i testi direttamente dal sito della casa editrice www.argentovivoedizioni.it

A cura di Sara Patron – Foto Redazione

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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