Appuntamento con I GRANDI DEL CALCIO dedicato questa volta ad un allenatore, uno che dopo una buonissima carriera da calciatore si è seduto su un’infinità di panchine, senza però avere mai l’occasione di guidare una formazione di livello, così come avrebbe certamente meritato; ma si sa, nel calcio spesso contano tante cose salvo la bravura e Bruno Bolchi non è certamente mai stato un leccapiedi!

Milanese purosangue, essendo nato nella capitale lombarda il 21 febbraio 1940, Bolchi è cresciuto calcisticamente nel settore giovanile dell’Inter, con cui ha fatto il suo esordio in Serie A nella stagione 1957/58; con i nerazzurri, Bolchi ha giocato sino all’ottobre 1993, divenendone anche capitano e vincendo lo Scudetto nel 1962/63 e la Coppa Campioni nella stagione successiva.

Mediano dal grande fisico (non a caso veniva soprannominato Maciste), Bolchi dopo quella dell’Inter veste le maglie del Verona, dell’Atalanta e, per cinque stagioni, quella del Torino, con cui vince la Coppa Italia nel 1967/68, nell’anno della morte di Gigi Meroni cui i granata dedicano la vittoria; nell’estate 1970 Bolchi viene ceduto alla Pro Patria, dove dopo due stagioni assume anche la carica di allenatore ed inizia una nova carriera che lo vedrà sedersi su quasi trenta panchine diverse nel corso del quarantennio successivo.

Vincitore di quattro campionati di B e due di C (storica la doppia promozione con il Bari, dalla C alla A tra l’83 e l’85), Bolchi ha sempre ottenuto grandi apprezzamenti per la serietà con cui ha svolto il proprio lavoro, anche quando i risultati hanno portato al suo licenziamento, spesso causato dal dover dirigere un materiale umano tecnicamente modesto più che dai propri limiti.

Nella lunga carriera del mister milanese, due sono state le piazze in cui è tornato per ben tre volte: Messina e Cesena; in giallorosso , Bolchi è approdato una prima volta nei primi anni di carriera, in C, e poi per brevi periodi, quando c’era da tentare salvataggi disperati, a metà degli anni duemila, con i siciliani ormai avviati verso un declino irreversibile dopo più di un fallimento ed una storia che, al pari cesenate, li vede oggi affrontare la Serie D.

A Cesena, Bolchi approda per la prima volta nella stagione 82/83, in Serie A, categoria che però il Cesena non riesce a mantenere finendo al quindicesi posto della classifica finale; sostituito nella stagione successiva da Pippo Marchioro (cui subentrerà Sandro Tiberi), Bolchi torna a Cesena nell’86/87 e questa volta il terzo posto finale vale ai bianconeri il ritorno nella massima serie.

In A il posto in panchina viene però assegnato ad Alberto Bigon e Bolchi torna sulle rive del Savio nel 93/94, quando ottiene il quinto posto in campionato e perde la promozione nello spareggio di Cremona (1-2) contro il Padova; confermato anche nella stagione successiva, Bolchi lascia il Cesena, dopo l’ottavo posto finale, a Marco Tardelli.

Il curriculum di Bolchi è indubbiamente più ricco da calciatore che da allenatore ma, ripeto, nel calcio spesso fanno migliore carriera (in panchina) coloro che usano meglio la lingua dei risultati, che alla fine non sempre contano o non sempre sono il termine di paragone per scelte spesso disastrose.

Il Direttore responsabile Maurizio Vigliani – Foto Vittorio Calbucci archivio storico

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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