Un’inchiesta de Il Salvagente spaventa i consumatori italiani: il latte del Belpaese, compreso quello di marchi noti, presenta tracce di antibiotici e farmaci.

Tra le marche prese in esame ci sono nomi noti come Parmalat, Granarolo, Coop, Conad, Lidl, Esselunga e Carrefour.
L’analisi è stata condotta dall’Università Federico II di Napoli e l’Università di Valencia, e insieme hanno portato alla luce un quadro tutt’altro che idilliaco, in più della metà delle confezioni è stata riscontrata la presenza di farmaci al suo interno.

I farmaci riscontrati con maggiore frequenza sono stati dexamethasone (un cortisonico), il neloxicam (antinfiammatorio) e l’amoxicillina (un antibiotico), in concentrazioni tra 0,022 mcg/kg e 1,80 mcg/kg.

La presenza di antibiotici, come insegna la pesca d’allevamento, è tutt’altro che inedita: vengono utilizzati per curare la mastite nelle vacche, e può capire che qualche residuo quindi finisca nel latte. E infatti le aziende in questione si sono dimostrate disponibili e favorevoli a partecipare alle analisi, e si sono dette sicure di voler risolvere il problema.

Le indagini di Salvagente sono quindi un tentativo di informare e sensibilizzare su una questione, per quanto comprensibile, ancora poco nota ai consumatori. Niente allarmismi, secondo la rivista, perché tutto in regola con i limiti di legge. C’è però un rischio, per neonati e bambini, legato all’assuefazione ai medicinali e allo sviluppo di batteri resistenti.

“Queste analisi – spiega il direttore della rivista Riccardo Quintili – non vogliono essere una penalizzazione alle aziende nelle cui confezioni abbiamo trovato residui di farmaci. Molte si sono mostrate sensibili. L’interesse era sollevare un potenziale rischio per trovare soluzioni”. Da dove provengono questi residui di medicinali? Secondo Enrico Moriconi, veterinario e Garante degli animali della Regione Piemonte, sono “usati per curare le mastiti, cioè infezioni alle mammelle, nelle vacche da latte”. Cortisonici e antinfiammatori sono impiegati come coadiuvanti.

“L’assunzione costante di piccole dosi di antibiotico – evidenzia Ruggiero Francavilla, pediatra, gastroenterologo dell’Università di Bari – con gli alimenti possono determinare una pressione selettiva sulla normale flora batterica intestinale a vantaggio dei batteri resistenti agli antibiotici che possono diventare più rappresentati”. I risultati confermano quelli di una ricerca su 56 latti italiani, pubblicata sul Journal of Dairy Science. “Neonati e bambini sono particolarmente esposti – conclude Alberto Ritieni, professore di Chimica degli alimenti della Federico II – e potrebbero risultare più vulnerabili. Per questo un monitoraggio costante degli allevamenti sarebbe necessario”.

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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