Chiamatela preveggenza o come volete, magari anche solo la “voglia” di scavare un po’ di più in qualcosa dove c’è una stonatura, qualcosa che troppo evidentemente e palesemente sembra forzato, al di là di una realtà apparsa sin da subito scomoda.

Qualche mese prima, una domenica mattina, avevo celebrato il ritorno di Schwazer alle gare, alla vittoria (DOPING – andata e ritorno, 10 maggio 2016), lui che era stato dopato e reo confesso in un mondo dove per vincere si faceva TUTTI di TUTTO, ma a pagare era stato solo lui; quella vittoria gli aveva dato il pass per le olimpiadi brasiliane, ma era anche la chiusura di un percorso fatto di ammissioni, denunce (come scrivo nell’articolo sottostante), di un ritorno con un allenatore ancora più scomodo, che le denunce le aveva addirittura trasformate in un libro ed era stato a sua volta bandito da quel mondo come un reietto.

Ricordo i commenti, il giorno della gara vittoriosa, del telecronista, uno che poco o nulla si preoccupa quando deve esaltare vittorie di gente stradopata e strasqualificata, ma che evidentemente una volta pagata o, pagate, le colpe, era diventata candida come l’uomo in ammollo!

Tralasciando, insieme, le parole a dir poco offensive del capitano la nostra Nazionale di atletica, uno che passa per essere un fenomeno ed un simpatico solo perché fa il pirla e si atteggia di conseguenza; adesso aspetto di sentire i commenti dei due, come minimo scuse che, potrei scommetterci, non usciranno mai dalle loro bocche, perché è vero che Alex Schwazer si è dopato, ma è altrettanto vero che ha pagato per le proprie colpe, molto di più della maggior parte di tutti gli altri ed a lui è toccato il destino del reprobo, del tossico, rispetto a chi invece è stato “aiutato” a vincere da Federazioni ed Istituzioni.
Nella vita tutti sbagliamo, qualcuno paga ed altri ci guadagnano, magari dipinti come eroi; prima o poi (anche se non sempre), capita però che la verità venga a galla, anche se nessuno potrà mai togliere il maltolto.
Come diceva qualcuno: perché vendicarsi, quando basta sedersi pazientemente in riva ad un fiume ed attendere che siano gli eventi a renderti giustizia?

La storia non finisce qui però, almeno per me, perché credo sia doveroso scavare dentro a situazioni di doping nello sport, alcune eclatanti e che, come tutte le medaglie hanno due facce, o più propriamente, due modi di comportarsi da parte dei vertici, assolutamente in antitesi tra loro.
p.s. – la foto del titolo è la stessa di allora, solo quella però!

GIUSTIZIA E’ FATTA – 15 agosto 2016 – in: Il Direttore Responsabile, IN PRIMO PIANO

Finalmente ci sono riusciti, hanno fatto fuori il “crucco” dopato!

Così dopo tanto parlare la vicenda sportiva di Alex Schwazer si chiude con la squalifica richiesta dalla IAAF di 8 anni e la fine della carriera del marciatore altoatesino che, scoperchiando troppi altarini, ha creato così tanti problemi da finire nella lista dei reietti da far scomparire.
Chissà in quanti hanno esultato al momento della sentenza del Tribunale dello Sport; sicuramente lo hanno fatto tutti i grandi caporioni dell’atletica mondiale e certamente non mancano nella lista quelli dell’atletica nazionale, così come hanno esultato molti atleti (chissà quanto puliti) e pure qualche addetto ai lavori, magari accompagnato da taluni giornalisti e telecronisti, che a menar sentenze sono bravi, ma che per coerenza, dovrebbero allora trattare tutti i dopati allo stesso modo!

Certo, il marciatore era già stato squalificato per doping ed una nuova positività non può che essere colpita in maniera esemplare, ma era davvero positivo Alex al controllo a sorpresa di inizio gennaio? Perché viene da chiedersi come mai in un primo momento il riscontro fosse negativo e solo in seconda battuta, a maggio, sia risultata la nuova positività.
E come mai la provetta invece che anonima portava ben evidenziata la località di residenza di Schwazer? Indubbiamente la vicenda ha risvolti a dir poco incredibili che ad elencarli non basterebbe il capitolo di un libro, con medici e dirigenti coinvolti che, loro sì, andrebbero qualificati a vita ed invece sono lì a fare il bello ed il cattivo tempo e ad occupare posizioni di rilievo nello sport mondiale.

Certo Schwazer si è comportato male, ma non tanto per essersi dopato, quanto per aver vuotato il sacco su pratiche comuni nel mondo della marcia che coinvolgono tutte le federazioni e gli atleti, nessuno escluso, almeno tra quelle che sono le “potenze” della specialità; il perdono si da a tutti, basta “comportarsi” bene!

L’aver scelto di riprovarci con Sandro Donati come allenatore, poi, è stata una sfida al sistema troppo grande per essere accettata; Donati, proprio colui che da trent’anni combatte certi sistemi e certe pratiche, denunciate anche nei libri scritti in cui racconta di persone ed episodi (Conconi e l’autotrasfusione, il salto in lungo di Evangelisti allungato al Mondiale di Roma per fargli vincere una medaglia e tante altre cose e personaggi di uno squallore assoluto), colui che ha ricevuto telefonate con “consigli” di un certo tipo prima del rientro all’attività agonistica di Alex…

Certamente il doping va combattuto, certe pratiche vanno combattute, ma allora cosa ci fanno i russi a Rio 2016, e quante altre nazioni utilizzano sistematicamente le stesse pratiche? Un’atleta statunitense insulta la Efimova dopo la gara, ma nella stessa vasca ha una compagna di squadra reduce da squalifica per doping, e allora? E cosa ci fa ai Giochi lo sprinter americano Justin Gatlin squalificato (2 anni ridotti a 1) nel 2001 per anfetamine e poi nuovamente nel 2006 (8 anni poi divenuti 4 per testosterone)?

La si può pensare come si vuole, che sia giusto squalificare Schwazer oppure avere dei dubbi (legittimi, conoscendo la vicenda), ma allora bisogna essere coerenti con tutti allo stesso modo e applicare a tutti adeguate sanzioni; e facciano attenzione gli atleti, anche quelli che oggi alzano la voce, perché domani potrebbe capitare a loro, magari sentendoli dire che le iniezioni e le flebo fatte regolarmente pensavano fossero d’acqua e zucchero (non stupitevi, è successo e succederà ancora)!
Finalmente ci sono riusciti, hanno fatto fuori il “crucco”; l’oro olimpico di Rio della 50 chilometri sarà chi la IAAF ha stabilito debba essere e se poi dall’esame delle urine verrà fuori che “la cavalla è incinta”, nessun problema, la giustizia avrà trionfato ancora una volta, con buona pace di tutti e dello sport, quello vero.

Il Direttore responsabile Maurizio Vigliani – Foto Getty Image

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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