Si è spento oggi Umberto Veronesi; il famoso oncologo è deceduto nella sua casa milanese. Tra pochi giorni avrebbe compiuto 91 anni.

Già da diverse settimane le sue condizioni di salute erano fortemente peggiorate.

Il suo lavoro in ambito medico ha portato all’affermazione di tecniche quali la “quadrantectomia”, il “linfonodo sentinella”, la tecnica salva-capezzolo (“nipple sparing”), fino alla “radioterapia intra-operatoria”: un professionista avanti anni luce rispetto al resto del mondo nel trattamento, soprattutto chirurgico, del tumore della mammella.

Quando nel 1969 espose a Ginevra, davanti a un consesso mondiale, la sua ricerca sulla “quadrantectomia”, che consiste nel limitare l’asportazione al quadrante mammellare sotto cui si trova il nodulo tumorale, e che era considerato “non invasivo” rispetto all’allora vigente “dogma della mastectomia” (l’asportazione totale della mammella), venne ascoltato con scetticismo. “Ero giovane, ero italiano – aveva raccontato Veronesi – venivamo considerati scienziati di serie B e in più trasgredivo all’ortodossia del tempo. In altre parole mi diedero del pazzo”.

Ma perseverando nella sua “pazzia”, arrivò ad operare con questa tecnica ben l’80% delle sue pazienti all’Istituto Europeo di Oncologia (IEO). Trentadue anni dopo, quegli stessi americani che lo avevano deriso furono costretti a dargli ragione, ammettendo l’efficacia del suo trattamento.

Impegnato anche in ambito politico e sociale, era stato poi uno dei sostenitori del testamento biologico, oltre che del vegetarianesimo.

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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