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L’inchiesta ‘Grandi Opere’ diventa un caso politico con al centro il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi.
Il ministro non è indagato ma il suo nome è spuntato dalle carte dell’indagine, insieme a quello del figlio, e Sel e M5S hanno depositato una mozione di sfiducia nei suoi confronti mentre la conferenza dei capigruppo di palazzo Madama ha votato all’unanimità la richiesta a Lupi di riferire in Senato.

Sulla posizione del ministro è intervenuto anche il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio sottolineando come Lupi dal punto di vista giudiziario non sia indagato, altra cosa però, ha aggiunto Delrio, sono le valutazioni politiche. “Non ho elementi per dire che Lupi si deve dimettere – ha spiegato -, poi c’è la decisione che spetta al singolo e credo che una valutazione da parte sua sia in corso”.

In mattinata aspro botta e risposta tra il premier Renzi e l’Anm (l’associazione nazionale magistrati), con il presidente del consiglio che ha risposto a Sabelli, presidente dell’Anm, che aveva parlato di Stato tenero con i corrotti. “Lo Stato non dà schiaffi a magistrati e carezze ai corrotti – ha detto Renzi -. Sostenere questo avendo responsabilità istituzionali o a nome di categorie, è triste. È una frase falsa, ingiusta, fa male ma non per il governo di turno, per l’idea stessa delle istituzioni” ha detto Renzi davanti ai futuri commissari che si apprestano ad iniziare l’anno accademico della Scuola Superiore di Polizia.

A scatenare l’irritazione del premier erano state le dichiarazioni che il presidente dell’Anm aveva rilasciato commentando l’inchiesta di Firenze sulle tangenti per le Grandi Opere che ha portato all’arresto di 4 persone: “Uno Stato che funzioni dovrebbe prendere a schiaffi i corrotti e accarezzare chi esercita il controllo di legalità” aveva detto Sabelli sostenendo che “i magistrati sono stati schiaffeggiati e i corrotti accarezzati”.

Il nome di Lupi – Ma l’aspetto politicamente più rilevante riguarda il figlio del ministro, Luca Lupi. Il gip Angelo Pezzuti nell’ordinanza spiega che Perotti (uno degli arrestati) si è adoperato con un imprenditore indagato, il cognato Giorgio Mor, per farlo assumere. Dalle carte, però, emergono i dubbi di Mor e Perotti, che temono sia poco opportuno. C’è anche un’intercettazione in cui un’altro degli arrestati, Cavallo, “nell’accettare l’invito a casa che gli ha appena formulato il ministro Lupi per il compleanno della moglie – scrive il gip – accenna alla necessità di parlare con Luca Lupi “per definire le sue cose””. Lo stesso Cavallo fece confezionare da un sarto un vestito per Lupi, mentre i coniugi Perotti regalarono al figlio del ministro un Rolex del valore di 10.350 euro. “L’avesse regalato a me, non l’avrei accettato”, dice oggi a Repubblica il ministro che però si difende: “Provo soprattutto l’amarezza di un padre nel vedere il proprio figlio sbattuto in prima pagina come un mostro senza alcuna colpa”.

La mozione di sfiducia La mozione di M5S e Sel, nella premessa, riferisce quanto raccontano i giornali sull’inchiesta della Procura di Firenze, riportando anche le telefonate del ministro Lupi, i cui “toni e contenuti non possono che suscitare allarme e sgomento oltre che destare preoccupazione per il rigore morale dei soggetti coinvolti”. Il documento sottolinea “la vicinanza, nonché dipendenza del Ministro delle infrastrutture dall’Ingegner Incalza”, confermata dal fatto che, “in occasione della risposta al question time alla Camera dei Deputati il 02/07/2014, Lupi ha replicato difendendo strenuamente l’operato e la persone dell’Ingegner Incalza”.

Inoltre dall’indagine “emergerebbe l’interessamento da parte di uno dei quattro arrestati, l’imprenditore Stefano Perotti, nei confronti di uno stretto congiunto del ministro delle infrastrutture”. “A prescindere da eventuali responsabilità penali – si legge ancora nella mozione di sfiducia – che, ove rilevate, saranno perseguite nelle sedi opportune, i fatti indicati minano in maniera evidente la credibilità del ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, pongono un grave pregiudizio sulle sue capacità di svolgere liberamente le funzioni a cui è chiamato nonché sull’opportunità della sua permanenza a ricoprire una carica di primo piano e di piena rappresentanza politica, in particolare in un ruolo così rilevante, delicato ed esposto a fenomeni corruttivi”.
Tutti questi fatti, “minano la credibilità del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e pongono un grave pregiudizio sulle sue capacità di svolgere le funzioni a cui è chiamato, nonché sull’opportunità della sua permanenza a ricoprire una carica di primo piano e di piena rappresentanza politica, in particolare in un ruolo così rilevante e delicato”.

L’inchiesta – Tra gli arrestati il super-dirigente del Ministero dei Lavori Pubblici (ora consulente esterno) Ercole Incalza; è lui, secondo l’accusa, il principale artefice del “sistema corruttivo”. Sarebbe stato lui, in particolare, in qualità di ‘dominus’ della Struttura tecnica di missione del ministero dei Lavori pubblici, ad organizzare l’illecita gestione degli appalti delle Grandi opere, con il diretto contributo di Perotti. In un colloquio del 25 novembre 2013 – riportato nell’ordinanza di custodia cautelare- -Giovanni Paolo Gaspari, già alto dirigente del Gruppo ferrovie dello Stato e consigliere presso il ministero delle Infrastrutture, parla di Ercole Incalza con Giulio Burchi, già presidente di Italferr spa: “Ercolino.. è lui che decide i nomi… sì.. sì.. tra tutti i suoi.. sì.. si’ ancora.. ancora… fa il bello e il cattivo tempo ormai là dentro..”. Gli altri arrestati sono gli imprenditori Stefano Perotti e Francesco Cavallo, e Sandro Pacella, collaboratore di Incalza.

51 gli indagati tra cui Antonio Acerbo, l’ex manager di Expo già arrestato lo scorso ottobre nel filone d’inchiesta milanese sulla ‘”cupola degli appalti”; è accusato di turbativa d’asta per aver pilotato la gara per il ‘Palazzo Italia’.

Fonte Rai – Foto archivio web

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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