Erano le 9 di mattina di dieci anni fa. Una giornata lavorativa. L’Emilia Romagna si stava lentamente riprendendo dalla prima scossa del 20 maggio, di magnitudo 5,9 che aveva colpito alle 4 di mattina la bassa emiliana, sconvolgendo centri produttivi come Mirandola, Medolla, Sant’Agostino, San Felice sul Panaro, fra Modena, Ferrara, Bologna e Reggio Emilia. Un’area dove si produceva, e si produce, il 2% del PIL nazionale. 

A distanza di nove giorni due altre scosse, alle 9 e all’una, meno intense ma più distruttive e colpirono soprattutto il lavoro: furono infatti le imprese e gli operai a pagare un prezzo alto come la Bbg di Mirandola, la Meta di San Felice sul Panaro, la Haemotricons di Medolla. I simboli del dramma emiliano di chi era tornato a lavorare per mettere mano ai danni provocati dal colpo di nove giorni prima. Per rimettere in piedi le produzioni gastronomiche, del biomedicale, della meccanica. Imprenditori, lavoratori che avevano la speranza che fosse tutto finito e invece che videro i capannoni cader loro sulla testa.

I danni maggiori nell’area bolognese interessarono i comuni di Pieve di Cento e Crevalcore, il cui centro storico fu evacuato completamente

I numeri

28 morti e 300 feriti, il bilancio finale. Il cosiddetto “cratere” comprendeva 59 Comuni colpiti nelle province di Modena, Ferrara, Bologna e Reggio Emilia per complessivi 550 mila abitanti (esclusi i 4 capoluoghi).

Furono evacuate 19 mila famiglie per 45 mila sfollati totali e sgomberati 14mila edifici. I danni complessivi del terremoto in Emilia sono stati pari a 12,2 miliardi di euro, 66 mila le imprese colpite. Pievi e chiese distrutte, fabbriche, capannoni e abitazioni crollate: in tutto il sisma fece 656 mila tonnellate di macerie.

Il terremoto coinvolse anche 70 mila ragazzi costretti ad abbandonare le 570 scuole dichiarate inagibili. Danni anche a 27 biblioteche e 33 teatri

La ricostruzione

Il decennale del sisma segna anche un traguardo importante: la ricostruzione è quasi completata (ha raggiunto oltre il 95%, rimangono da sistemare alcune chiese e edifici pubblici, ma non è stato tutto semplice e facile: molte persone sono rimaste fuori casa per anni, i centri storici dei paesi hanno sofferto moltissimo, il tessuto economico ha subito dei gravi contraccolpi. Questi dieci anni hanno anche offerto però nuove esperienze. Hanno spinto a trovare soluzioni sulla costruzione delle comunità, sullo sviluppo nel rispetto dell’ambiente e sulla lotta alle infiltrazioni della malavita organizzata, sempre pronta, in questi casi, a fare affari.

Oggi nei comuni di Crevalcore, Pieve di Centro, Galliera e Persiceto ci saranno iniziative per ricordare le scosse del 29 maggio di 10 anni fa.

A cura di Elena Giulianelli – Foto Repertorio

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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