Il commercio torna in ginocchio, dopo una lieve crescita nel 2016 e consolidando il fatturato 2017, la crisi insomma è tornata torna inesorabile nel ssettore della bottega indipendente. Tra il mese di gennaio e quello di settembre di quest’anno i negozi italiani hanno registrato quasi 900 milioni di euro di vendite in meno rispetto allo scorso anno, la flessione peggiore da cinque anni a questa parte e non si vedono prospettive di miglioramento fino alla fine dell’anno.
Un crollo che ha accelerato la chiusura delle piccole imprese: nei primi nove mesi del 2018 hanno abbbassato la saracinesca circa 20.000 negozi.

Siamo di fronte insomma ad una crisi lunghissima con la prospettiva che al termine del 2018 saranno tanti altri commercianti ad abbandonare un sogno che non è niente di più di trovare delle risorse di reddito per poter campare dignitosamente, nonostante la vessazione delle tasse. Il calo delle vendite a livello nazionale ha preso di mira praticamente tutti i comparti merceologici. A segnare la flessione più rilevante è il commercio di calzature, articoli in pelle e da viaggio, seguito dall’abbigliamento ma rallentano, pur restando in campo positivo, anche telefonia e informatica. Le vendite stanno rallentando in maniera preoccupante in tutta Europa, ma l’Italia è quella che ha subito la frenata peggiore”.

La speranza dei commercianti è quella che le prossime festività Natalizie possano fornire una boccata d’ossigeno, ma per ora vive la stagnazione. È chiaro, però, che serve di più: l’auspicio è che le misure annunciate per il rilancio del mercato interno e dei consumi vengano introdotte velocemente, ma anche che la manovra di bilancio del governo venga mirata maggiormente alla crescita: serve più spesa produttiva, sul lavoro e sulle infrastrutture. Con l’obiettivo finale di ridurre anche il carico fiscale: abbassare le tasse rimane la via maestra per ridare fiducia e forza a famiglie e imprese. E questo vale a livello nazionale come su quello regionale e locale.

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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