Fedele alla suaprima vocazione di mappare la contemporaneità per tentare, più ancora che di coglierne la strada maestra, di ipotizzare il tracciato labirintico dei suoi possibili percorsi aperti sulle geografie del nuovo, anche per la quattordicesima edizione VIE Festival continua le sue “eccentriche” esplorazioni della scena odiernaper indovinarne e proporne taluni tratti singolari. Sul filo di vagabondaggi svarianti dal cuore sanguinante di un vecchio continente che travolto dallo spettro della crisi (economico-finanziaria, ma non solo) e ossessionato dalla minaccia della decadenza sembra avere perso il senso della sua identità, eppure trova forse proprio nel teatro uno dei suoipiù tenaci collanti culturali, ai paesaggi stranianti di nuovi mondi, come quello latino americano, che nella spiazzante distanza della loro “giovane” e non di rado “brutale” alterità possono forse additarci possibili alternative alla prigionia delle nostre convinzioni e convenzioni quotidiane, la drammaturgia si è imposta in questo nuovo scorcio di VIE come una delle faglie di discontinuità più ricche e stimolanti per pensare e dare forma al nuovo. Una drammaturgia “critica” esplosa in un caleidoscopio di possibilità e prospettive:aperta al dialogo con il post drammatico nelle visioni multimediali di Kourtakis o nelle vertiginose mise en abîme di Blanco, passando per il didattico divertissement postmoderno di Aristotele invita Velázquez a colazione e gli prepara uova e (Francis) Bacon; tentatadal teatro documento di Kepler-452ma sensibile anche al fascino dell’epopea e del fiabesco nella virtuosa prestidigitazione di Yeung Faï; disposta a esplorare le risorse dell’(auto)biografia con Casa Calabaza, First loveo il melting pot di I am Europe, magari spingendosi fino a saggiare forme liminali come la biografia dell’organico di Joie de vivreo la biografia ficta di Wasted; concentrata a interrogare i confini tra verità e finzione nei quadri en trompe l’œil dei BERLIN, di Mundruczó o diFanny & Alexander; innamorata della letteratura sulle scene di A Bergman affair, Strange talese Fedeli d’amore; non aliena all’esercizio della riscrittura, come nel caso delle variazioni pirandelliane di Scimone Sframeli; pronta a cercare nuove soluzioni postideologiche alla via dell’engagement dal recital di Amyra (Amy León), all’epica fantascientifica di Calderón, alla reinvenzione del mito tragico di Carnevali. Una drammaturgia cangiante, dunque,che nelle sue mille eccezioni sembra volerci dire che il “mondo d’oggi può ancora essere rappresentato attraverso il teatro”.

Claudio LonghiDirettore Emilia Romagna Teatro Fondazione

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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