È andata in archivio da pochissimo la centoseiesima edizione del Tour de France; una corsa tornata, dopo anni di assoluta sonnolenza, allo spettacolo ed all’incertezza sino alle battute finali.

Ci sono volute ben diciannove tappe per decidere chi era il padrone della maglia gialla, chi avrebbe percorso la passerella finale di Parigi e scritto il proprio nome all’albo d’oro della corsa transalpina.

Ci ha pensato un “ragazzino” a mettere tutti in riga, perché in effetti Egan Bernal, con i suoi 22 anni, è un ragazzino, ma di quelli con un talento innato, supportato da una testa che spesso è ed è stato il tallone d’Achille dei colombiani.

Egan invece sa cosa vuole e come ottenerlo, nonostante sia risultato evidente che la sua squadra, la Ineos ex Sky, appoggiasse il vincitore uscente Gerain Thomas, cosa logica naturalmente, ma discutibile quando la strada dimostra in modo eloquente quali sono i valori in campo.

Thomas ci ha provato, ma il compagno è semplicemente stato più bravo ed a quel punto il secondo posto serviva a fare doppietta sul podio, nonostante le tantissime pecche di una squadra che da quando ha cambiato nome, e proprietà, sembra la brutta copia dello schiacciasassi visto in tante stagioni. 

Il resto della compagnia ci ha provato, specie un grandissimo Alaphilippe, che si è scoperto formidabile anche nella corsa a tappe di casa, ed il cui sogno è svanito solo sulle cime maestose delle Alpi, quelle per cui non è ancora attrezzato, ma è giovane anche lui ed in futuro promette di essere certamente un protagonista non solo delle classiche. 

Il transalpino meno atteso ha tenuto alto l’onore di casa, tradito da un Bardet mai in corsa e salvatori con una giornata di gloria ed una immeritata maglia a pois (quella che pria il miglior scalatore!?!?!), mentre ha illuso Pinot, ritiratosi poi per un dolore al ginocchio che gli impediva di pedalare.

Dietro ai primi due, è finito sul podio Steven Kruijswijk, sempre presente nelle prime posizioni, ma che ad un certo punto non ha avuto la forza di attaccare Thomas distante solo 21 secondi.

Così come il . Quarto classificato, il tedesco Buchmann, giunto a 25 secondi dal podio, mentre per il resto delle classifiche, Bernal ha vinto anche la maglia bianca di miglior giovane. Sagan si è aggiudicato la maglia verde e la Movistar la classifica a squadre.

Nessun italiano dunque ai vertici, ma tre tappe nel carniere di Viviani, Trentin e Nibali; mentre in classifica generale troviamo al quattordicesimo posto un redivivo Fabio Aru, rientrato proprio al Tour dopo un’operazione ed una lunga inattività, ma capace di difendersi meglio di quanto atteso.

Deludente il bilancio azzurro? Ci si attendeva di più dai nostri quindici portacolori? Intanto ai dati precedenti occorre aggiungere i due giorni in giallo di Giulio Ciccone, sfortunato con le cadute, ma certo bravissimo a sfoderare belle prestazioni che, dopo quelle al Giro d’Italia fanno ben sperare per il mostro ciclismo.

Qualcuno pensava ad un Nibali in grado di vincere il suo secondo Tour, ma dello “Squalo dello Stretto” riparleremo, perché un CAMPIONE come Vincenzo merita un articolo tutto per lui!

Il Direttore responsabile Maurizio Vigliani

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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