La truffa Etruria, il caso delle subordinate piazzate al grande pubblico prima di finire azzerate, non finisce più. Il maxi-processo in cui 37 dipendenti sono accusati di aver collocato i bond senza troppi scrupoli è ancora alle battute preliminari e già la procura accelera ancora, con una nuova raffica di citazioni a giudizio che stanno per cadere sul capo di direttori di filiale e anche semplici impiegati. Le stime sono ancora approssimative, ma si calcola che i procedimenti in via di definizione siano almeno una cinquantina, forse qualcuno in più.

L’iter è sempre il solito: man mano che la Guardia di Finanza esamina le denunce presentate a suo tempo dagli azzerati (ed erano parecchie centinaia), passa le carte ai Pm del pool che indaga sul crac dell’ex Bpel, ormai assorbita da Ubi Banca. Poi il meccanismo diventa quasi automatico: avviso di chiusura indagini in tutte le situazioni in cui viene ravvisata una responsabilità da parte dei dipendenti, venti giorni di tempo per eventuali controdeduzioni e richieste di interrogatori, a seguire la citazione a giudizio, perchè la truffa, per quanto aggravata come in questo caso, non è reato che preveda l’udienza filtro del Gup.

Le situazioni sono le più varie, ma con alcuni elementi che le accomunano: ai dipendenti o ex si contesta di aver convinto i risparmiatori beffati a smobilizzare i loro precedenti investimenti per spostare i loro capitali sulle due emissioni di subordinate del 2013, in luglio e in ottobre. Il vantaggio di direttori di filiale e impiegati sarebbe consistito in un miglioramento delle prospettive di carriera.

Ovviamente, questa ulteriore raffica di citazioni non potrà confluire nel maxi-processo in corso, che è già incardinato. Si dovranno dunque trovare le date per ulteriori udienze, anche se è chiaro che l’orientamento stabilito dalla prima sentenza farà scuola anche per quelle successive. Il procedimento nel quale il giudice Angela Avila ha unificato in gennaio tutti quelli che erano stati fissati fino ad allora prevede due ipotesi di reato: l’istigazione alla truffa per cinque dirigenti della sede centrale che avrebbero incitato gli altri dipendenti a collocare il maggior numero possibile di bond, la truffa per tutti gli altri.

Secondo l’ipotesi d’accusa, ci sarebbe stata addirittura una sorta di classifica di chi piazzava più titoli, con elogi per i migliori e rimproveri per i recalcitranti. Agli atti le testimonianze di alcuni ex dipendenti, che raccontano di essere stati puniti col trasferimento per essersi rifiutati di vendere subordinate ai propri clienti, proprio perchè le ritenevano pericolose. Inutile dire che i dirigenti negano. Si torna in aula il 17 maggio, poi sarà una corsa contro il tempo per evitare la prescrizione. Ma comunque vada, quella sentenza non sarà l’ultima.

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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