Terence Hill ha 80 anni e gli stessi occhi azzurri e il sorriso che hanno fatto il successo del cowboy protagonista, insieme al suo alter ego Bud Spencer, degli spaghetti western anni 70. Registrato all’anagrafe come Mario Girotti, è nato il 29 marzo a Venezia nel 1939 da padre chimico – originario di Amelia dove il piccolo Mario trascorse gli ultimi giorni della guerra mondiale – e da madre tedesca. Lei si chiamava Hildegard Thieme e nella sua casa vicino a Dresda, il futuro Don Matteo vide da vicino i più terrificanti bombardamenti alleati sulla Germania.

Timidissimo, racconta di essere diventato un attore quasi per caso. Accettò di recitare per mantenersi agli studi e correre in moto, una delle sue passioni insieme al pugilato e alla Roma.
Dino Risi lo aveva notato, ad appena 12 anni durante una gara di nuoto, e lo aveva fatto debuttare in “Vacanze con gangster”. Ebbe maestri come Pabst, Pontecorvo, Steno, Matarazzo, Bragaglia, fino a firmare negli anni ’60 un contratto in Germania mettendo a frutto il suo perfetto tedesco. Poi Luchino Visconti lo volle per la parte del Tenente Cavriaghi nel “Gattopardo”.
Da allora, se si scorre la sua filmografia, non c’è praticamente anno, in cui non sia stato sul set sempre diretto dai più grandi registi.

L’apice della popolarità lo deve però al filone comico spaghetti western. Aveva già più di 30 film all’attivo quando, con lo pseudonimo di Terence Hill, fu chiamato a sostituire il protagonista di “Dio perdona, io no”, che si era rotto una gamba. Sullo stesso set recitava anche Bud Spencer, nome d’arte di Carlo Pedersoli, ma i due non si incontrarono mai. Girotti incontrò invece quella che sarebbe diventata sua moglie, Lori Zwicklbauer, allora segretaria di edizione. Nel 1970 un altro colpo di fortuna: E.B. Clucher (alias Enzo Barboni) cercava un protagonista per “Lo chiamavano Trinità” e l’interprete designato, Franco Nero, rifiutò perchè impegnato sul set di Camelot.

Il regista scelse il giovane Terence proprio per la sua somiglianza con Nero. Fu un trionfo immediato e il varo di una coppia inossidabile con Bud Spencer (18 film tra il 1967 e il 2004), ma anche il trampolino di lancio per la chiamata a Hollywood, dove recitò con Gene Hackman e Valerie Perrine. Sono gli anni di tante pellicole cult come “…continuavano a chiamarlo Trinità”, “…altrimenti ci arrabbiamo!”, “I due superpiedi quasi piatti”, “Io sto con gli ippopotami”, “Nati con la camicia” e “Non c’è due senza quattro”.

Nel 1987 toccò a E.B.Clucher chiudere un decennio e dire addio a un modo tutto italiano di fare cinema in America: il regista di Trinità volle Hill in Renegade – Un osso troppo duro, road movie dove l’attore recitava accanto al figlio adottivo Ross che morirà due anni dopo in un incidente d’auto a sedici anni, lasciando il padre in una profonda depressione. Gli anni di Don Matteo Nel 1991 Terence Hill è regista di se stesso in “Lucky Luke”, adattamento dei fumetti del belga Morris, film pilota per una serie TV di buon successo. Poi torna in Italia: comincia la stagione trionfale in tv con il ruolo di Don Matteo, ma anche del forestale di “Un Passo dal Cielo” girata a San Candido. Don Matteo gli cambia la vita fino a farlo trasferire definitivamente dagli Stati Uniti, insieme alla moglie, a Gubbio e poi a Spoleto, luoghi in cui si gira la serie.

Nel 2018 Hill torna dietro la macchina da presa ne Il mio nome è Thomas. Una storia on the road fra Italia e Spagna che richiama le atmosfere western, genere per il quale è diventato un volto iconico grazie a titoli come I quattro dell’Ave Maria, Il mio nome è Nessuno e Lo chiamavano Trinità, uno dei molti film interpretati in coppia con l’amico Bud Spencer. E proprio a lui Terence Hill ha dedicato il lungometraggio girato in parte nel deserto dell’Almeria. Alla morte di Bud Spencer nel 2016 disse: “Non abbiamo mai litigato”.
“Il nostro è stato un incontro magico, ha funzionato e non sappiamo perché. Ogni volta che salivo sul palco con Bud, mi trasformavo e penso che fosse lo stesso per lui”.

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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