Sì, troppe storie di ordinaria follia! Tra il 2000 e il 2019, in Italia, si sono registrate 79 stragi familiari che hanno causato 183 vittime, ovvero 95 figli, 79 partner e 9 altre figure familiari. Questa è la fotografia scattata dall’Eures, Istituto di Ricerche economiche e sociali.
La metà degli omicidi è al Nord, il 70% delle vittime sono donne e, in aggiunta, in 49 stragi, sulle 79 complessivamente censite, l’autore si è tolto la vita, seguendo il disegno del “suicidio allargato”.
Perchè ultimamente non si parla d’altro che di tragedie familiari? Viviamo in un epoca di ”turbamenti”, la vita quotidiana è diventata un esercizio ai confini della sopravvivenza, si vive alla giornata, si guarda poco al passato per paura di rimanere delusi da una “debilitante nostalgia”.

Tutti stiamo rivolgendo l’attenzione solo al futuro, per cercare di capire come scampare agli eventi infausti che ormai tutti ci aspettiamo. In queste condizioni di insicurezza costante, l’identità personale, che implica sempre, una propria storia personale, degli amici, una famiglia comunque sia, anche allargata, ma certa, ed il senso di appartenenza a un luogo ben preciso, stanno diventando un “lusso” di pochi!
In questo costante stato di assedio, il nostro “io” non può che ridursi ad un nucleo difensivo, armato, contro le avversità e contro tutti. E’ in pericolo l’equilibrio emotivo, e i tratti della nostra cultura generazionale, sono sempre più il disimpegno emotivo, la riluttanza, nel caso dei giovani, a lasciare la casa genitoriale, e a contrarre legami affettivi duraturi. A prevalere è il senso d’impotenza, l’atteggiamento vittimistico, il fascino delle situazioni estreme.

Il sentirsi socialmente inadeguati , ed emotivamente rifiutati, genera reazioni aggressive, e distruttive, nel tentativo, vano, di affermare il proprio io personale, e la propria autonomia. Ci sono casi che fanno rabbrividire e riflettere allo stesso tempo, rappresentativi di un epoca, dove lo scenario tipico dei crimini più efferati si sposta dal vicolo buio e solitario, alle mura domestiche, le stesse che un tempo erano sinonimo di accoglienza, calore, ed empatia familiare.
La follia omicida sembra annidarsi tra le pieghe di una quotidianità “normale”, come viene spesso definita da testimoni esterni al nucleo familiare. La favola dell’orco malvagio non ha più senso d’esistere, sostituita dall’ancora più terribile banalità di una cattiveria che si cela, inaspettatamente, dietro volti familiari.

Sembrano bastare un conto in banca in rosso, e un pizzico di frustrazione, per scatenare la ferocia di chi, al contrario, dovrebbe dispensare solo affetto e comprensione; in realtà, ogni tragedia e’ un insieme di equilibri spezzati, rancori covati per anni dietro sorrisi di circostanza, parole non dette, problemi mai affrontati, conflitti di interessi, personali, ma soprattutto economici.
Il cosiddetto “raptus” altro non e’ che la manifestazione di quella famosa goccia, che non solo fa” traboccare il vaso”, ma lo infrange in mille pezzi, facendo trambusto fuori e dentro l’anima di tanti “killer improvvisati”.
Come porvi rimedio? Difficile dirlo! Una soluzione potrebbe essere quella di ridurre le innumerevoli pressioni sociali che si ripercuotono nella sfera personale e familiare degli individui.

Più lavoro, più stabilita’, più educazione, piu’ rispetto reciproco, mi verrebbe da dire, più umilta, più amorevolezza….e uguale a meno frustrazioni, meno sofferenza, meno rancore, e desiderio di vendetta verso tutto e tutti.
Quando lo capiranno anche i nostri governanti, seduti lassù, sui loro “scranni” del potere?

Ma, la domanda finale resta, ed è… noi lo abbiamo veramentecapito?

A cura di Sandra Vezzani editorialista – Foto Marco Iorio Roma

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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