Sport

La legge alla quale fare riferimento è la n. 91 del 23/03/1981, denominata “norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti”. Anzitutto si noti che il legislatore, utilizzando il sostantivo “rapporti”, non può che fare implicito esclusivo riferimento a “rapporti di lavoro” intercorrenti tra le parti interessate.

Non si può parlare quindi di lavoro professionistico sportivo, se l’eventuale rapporto (di lavoro), non sia stato sottoscritto tra uno sportivo professionista ed una società sportiva professionistica. Il concetto giuridico di rapporto di lavoro sportivo, si applica quindi solo tra due soggetti (lavoratore e datore), che rientrino nella specifica categoria dei cosiddetti “professionisti”.

Per assurdo, se il noto calciatore Francesco Totti, fosse tesserato nella Caronnese (club che attualmente milita in serie D), non potrebbe essere definito “sportivo professionista”.

E’ professionista sportivo, colui il quale esercita attività sportiva a favore di una società sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità, nell’ambito delle discipline regolamentate dal CONI che hanno riconosciuto il professionismo.

Le federazioni sportive italiane affiliate al CONI, che hanno riconosciuto il professionismo sono:

Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.)
Federazione Pugilistica Italiana (F.P.I.)
Federazione Ciclistica Italiana (F.C.I.)
Federazione Motociclistica Italiana (FMI)
Federazione Italiana Golf (F.I.G.)
Federazione Italiana Pallacanestro (F.I.P.).

Solo ed esclusivamente quegli atleti tesserati per società sportive affiliate a federazioni che hanno riconosciuto il professionismo, possono essere considerati sportivi professionisti. 

Per fare degli esempi pratici,

– sono o sono stati sportivi professionisti: Gianluigi Buffon (calcio), Patrizio Oliva (pugilato), Marco Pantani (ciclismo), Marco Simoncelli (motociclismo), Dino Meneghin (pallacanestro);

– non sono professionisti o comunque non lo sono mai stati: Adriano Panatta (tennis), Pietro Mennea (atletica leggera), Valentina Vezzali (scherma), Federica Pellegrini (nuoto), Carolina Kostner (pattinaggio), Alberto Tomba (sci), Armin Zoggeler (slittino), Francesca Piccinini e Andrea Lucchetta (pallavolo).

Tutti gli altri grandi e noti atleti / campioni italiani, seppur inseriti a pieno titolo nella storia dello sport nazionale ed internazionale, vengono giuridicamente considerati sportivi dilettanti, anche se dalla loro attività sportiva hanno conseguito notevoli guadagni economici.

Alcuni giuristi definiscono tali atleti, come atleti professionisti di fatto. Alcuni lettori si chiederanno il perché, per il motociclismo, tra gli sportivi professionisti di diritto, ho citato Marco Simoncelli e non Giacomo Agostini o Valentino Rossi …

– Marco Simoncelli (deceduto durante una competizione nel 2012), è stato tesserato professionista presso un club / scuderia professionista italiano (Team Gresini Racing), iscritto alla F.M.I. – Federazione Motociclistica Italiana;
– Giacomo Agostini, (il più grande campione motociclistico mondiale di tutti i tempi), pur essendo motociclista tesserato F.M.I. presso una scuderia italiana tesserata F.M.I., disputava competizioni quando in Italia ancora non esisteva la legge sul professionismo sportivo (entrata in vigore nel 1981);

– Valentino Rossi (grande campione assoluto ancora in attività), per il diritto italiano, è stato certamente sportivo professionista nel 2011 / 2012 quando era tesserato per il Team Ducati e anche dal 1996 al 1999 quando gareggiava per il Team Aprilia: infatti entrambi i team sono professionistici nonché affiliati alla F.M.I. . Oggi invece Rossi, essendo tesserato per il Team ufficiale Yamaha (team o club giapponese), affiliato certamente alla competente federazione motociclistica nipponica, non può essere definito con il concetto giuridico italiano di “sportivo professionista”. Spetta quindi al diritto sportivo vigente nell’Impero del Sol Levante, individuare giuridicamente l’atleta in questione, sulle basi dell’eventuale riconoscimento del professionismo sportivo che adotta la competente federazione motociclistica locale.

Da tutto ciò si deduce che: guadagnare centinaia di migliaia di euro, giocare in serie A, disputare a campionati d’eccellenza, partecipare alle olimpiadi o ai campionati del mondo, non significa necessariamente essere sportivo professionista.

L’art. 2 della Legge 91, contiene l’elenco degli sportivi (figure), definiti professionisti, ai quali applicare il contratto di lavoro subordinato richiamato dalla legge in questione. Trattasi di: atleti, allenatori, direttori tecnico sportivi e preparatori atletici. In realtà, solo per l’atleta, vige la presunzione di rapporto di lavoro subordinato, per le altre figure professionali invece, il tipo di rapporto, dovrà essere accertato di volta in volta sulla base di criteri forniti dal diritto del lavoro.

Infatti, la prestazione sportiva, può formare oggetto di lavoro autonomo, solo ove ricorrano i requisiti stabiliti dall’ art. 3 comma 2 della Legge 91/81:

– l’attività sia svolta nell’ambito di una singola manifestazione sportiva o di più manifestazioni tra loro collegate in un breve periodo di tempo;
– l’atleta non sia contrattualmente vincolato per ciò che riguarda la frequenza a sedute di preparazione od allenamento;
– la prestazione che è oggetto del contratto, pur avendo carattere continuativo, non superiore a otto ore settimanali oppure cinque giorni ogni mese ovvero trenta giorni ogni anno.

Il rapporto di lavoro nello sport si costituisce mediante assunzione diretta, con la stipulazione di un contratto in cui la forma scritta è richiesta ad substantiam., secondo il contratto tipo predisposto ogni tre anni dalle federazioni sportive nazionali e dai rappresentanti delle categorie interessate. 

Caratteristiche del contratto di lavoro:

– il contratto individuale stipulato nelle forme suddette, deve essere depositato presso la federazione sportiva o presso la lega di appartenenza che lo approva perfezionandolo;
– il contratto tra sportivo professionista e società professionistica, deve necessariamente contenere la clausola di rispetto da parte dello sportivo delle istruzioni tecniche e delle prescrizioni impartite per il conseguimento degli scopi agonistici;
– sono di regola inserite anche clausole compromissorie con le quali le eventuali controversie relative all’attuazione del contratto, siano deferite a collegi arbitrali speciali (autorità giudicanti presso il CONI);
– il contratto di lavoro non può avere durata superiore a 5 anni.

Trova applicazione al lavoro sportivo lo statuto dei lavoratori ad eccezione:

art. 4, sul divieto di utilizzo di impianti audiovisivi;
art. 5, sugli accertamenti sanitari;
art. 7, per le sanzioni irrogate dalle federazioni sportive nazionali;
art. 13, in tema di qualifiche e mansioni;
art. 18, in materia di licenziamenti individuali;
artt. 33 e 34, in materia di assunzione mediante collocamento.

Inoltre, l’art. 7 della Legge 91/1981, prevede che l’’attività sportiva professionistica sia svolta sotto controlli medici, secondo norme stabilite dalle federazioni sportive nazionali ed approvate, con decreto ministeriale della Sanità.

L’articolo in questione prevede anche l’istituzione di una scheda sanitaria per ciascuno sportivo professionista, il cui aggiornamento deve avvenire con periodicità almeno semestrale. In sede di aggiornamento della scheda, devono essere ripetuti gli accertamenti clinici e diagnostici che sono fissati con decreto del Ministro della Sanità. 

Per gli atleti, la scheda sanitaria è istituita, aggiornata e custodita a cura della società sportiva mentre, per gli sportivi con rapporto di lavoro autonomo, dagli sportivi stessi, i quali devono depositarne duplicato presso la federazione sportiva nazionale. 

Gli oneri relativi all’istituzione e all’aggiornamento della scheda per gli atleti professionisti, gravano sulle società sportive mentre, per gli sportivi con rapporto di lavoro autonomo, gli stessi oneri sono a carico degli sportivi stessi.
L’istituzione e l’aggiornamento della scheda sanitaria costituiscono condizione per l’autorizzazione da parte delle singole federazioni allo svolgimento dell’attività degli sportivi professionisti.

L’art. 8 dispone infine che le società sportive devono stipulare una polizza assicurativa individuale a favore degli sportivi professionisti contro il rischio della morte e contro gli infortuni, che possono pregiudicare il proseguimento dell’attività sportiva professionistica.

A cura del Prof. Pierluigi Vigo

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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