L’emorragia delle imprese artigiane continua inesorabilmente. Se nell’ultimo anno lo stock complessivo presente in Italia è sceso di oltre 16.300 unità (-1,2%), negli ultimi 10 anni la contrazione è stata pesantissima: -165.500 attività, pari a una flessione dell’11,3%. Una caduta che non ha registrato soluzioni di continuità in tutto l’arco temporale analizzato (2018-2009). A lanciare l’allarme la Cgia. Al 31 dicembre 2018 il numero totale delle imprese artigiane attive in Italia si è attestato poco sopra 1.300.000 unità. Di queste, il 37,7% nell’edilizia, il 33,2% nei servizi, il 22,9% opera nel settore produttivo e il 6,2% nei trasporti.
A livello territoriale è il Mezzogiorno la macro area dove la caduta è stata maggiore. Tra il 2009 e il 2018 in Sardegna la diminuzione del numero di imprese artigiane attive è stata del 18% (-7.664). Seguono l’Abruzzo con una contrazione del 17,2% (-6.220), l’Umbria con -15,3% (-3.733), la Basilicata con -15,1% (-1.808) e la Sicilia, sempre con il -15,1%, che ha perso 12.747 attività.
Il settore artigiano più colpito dalla crisi è stato l’autotrasporto che negli ultimi 10 anni ha perso 22.847 imprese (-22,2%). Seguono le attività manifatturiere con una riduzione pari a 58.027 unità (-16,3%) e l’edilizia che ha visto crollare il numero delle imprese di 94.330 unità (-16,2%). Sono in forte aumento, invece, imprese di pulizia, giardinaggio e servizi alle imprese (+43,2%), attività cinematografiche e produzione software (+24,6%) e magazzinaggio e corrieri (+12,3%).
“La caduta dei consumi delle famiglie e la loro lenta ripresa, l’aumento della pressione fiscale e l’esplosione del costo degli affitti hanno spinto fuori mercato molte attività – ha dichiarato il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo – senza contare che l’avvento delle nuove tecnologie e delle produzioni in serie hanno relegato in posizioni di marginalità molte professioni caratterizzate da un’elevata capacità manuale”.