L’articolo 609 bis del codice penale parla chiaro in termini di violenza sessuale: “Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da cinque a dieci anni”.

Viene da sé che senza un contatto fisico con la vittima, non è possibile parlare di violenza sessuale. Fine? Non esattamente. Perché sebbene il gip di Torino, Alessandra Cecchelli, sia giunta esattamente a questa logica conclusione, i fatti avvenuti su un autobus della città piemontese, dove un marocchino si è masturbato in pieno giorno di fianco ad una giovane passeggera, fanno tuttora discutere.

Dalle immagini catturate dalla telecamere del pullman si nota il ragazzo di 27 anni che con fare indifferente si trova in piedi accanto alla ragazza, che guarda fuori dal finestrino; poi, ad un certo punto, inizia con l’autoerotismo. Intorno a loro ci sono altri passeggeri, ma nessuno sembra accorgersi del giovane che, una volta concluso, scende velocemente dal bus. La ragazza a quel punto si accorge di avere i pantaloni sporchi e cerca di pulirsi come può usando una bottiglietta d’acqua e un pacchetto di fazzoletti.

Per la giudice si è trattato di “un mero atto osceno”, quindi ha respinto la richiesta di custodia cautelare in carcere avanzata dal pm Andrea Padalino.

Come si legge nell’ordinanza del gip, “nel racconto della ragazza non sono presenti elementi per confermare che lo sfregamento masturbatorio ipotizzato sia stato effettuato in appoggio alla gamba della donna”. Perciò, “appare difficile qualificare il gesto come violenza sessuale e non piuttosto come mero atto osceno”.

Ma la decisione ha scatenato, com’era prevedibile, un acceso dibattito.

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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