Sembrava lontanissima la Lega Pro. Un anno tra i dilettanti è stato come avere un macigno spora la testa. Ma adesso cosa accadrà al nuovo gruppo dirigente del Cesena Fc? Difficile dirlo, ma una cosa è certa senza soldi si chiude bottega. Lo scorso anno la cenerentola dei tre campionati tra i professionisti ha creato una condizione di irregolarità permanente che ha permesso l’infiltrazione di speculatori o vere e proprie associazioni criminali.
Nel grande business del calcio italiano, la serie C è sempre stata un po’ declassata. Forse anche più della serie D. Una “terra di mezzo”, se non proprio di nessuno. In cui la “lunga crisi economica della Penisola ha ridotto le aziende disposte a sostenere team calcistici (e non solo) e con la fine del mecenatismo e la contrazione dei contributi di solidarietà dall’alto si è assottigliato il nucleo di squadre con alle spalle proprietà solide”.

E questo è stato anche un terreno fertile per favorire una condizione di irregolarità permanente, che ha permesso l’infiltrazione di speculatori o anche di associazioni criminali vere e proprie. Anche in epoca non recente. Però “dal 2012 al 2017 – si legge in un articolo dell’edizione da edicola de Il Sole 24 Ore del 12 maggio dal titolo ‘Nella nuova serie C, più giovani e bilanci sani per non sparire’ – i club di serie C hanno bruciato complessivamente 300 milioni, con perdite medie di 60 milioni, e accumulato 150 milioni di debiti”.

“Deriva ineluttabile se si hanno in media 2,7 milioni di entrate e 4,2 milioni di uscite. Il costo del lavoro nel 2017 assorbiva più dell’80% del fatturato. Attualmente quasi 7 giocatori su 10 sono retribuiti al minino federale di 30 mila euro lordi all’anno”.

C come “calcio dei campanili”, “dei Comuni” nell’era dello sport dagli affari globali, tanto che verrebbe persino da chiedersi se ha ancora un senso tutto ciò. O se non fosse che talvolta da quel girone si possa estrarre ancora qualche piede buono per i goal e dei cervelli funzionanti per la regia di gioco in campo.

“Pulcini d’allevamento”, si diceva un tempo. Però la fotografia di questo settore e lo stato dell’arte è tutt’altro che edificante anche se l’attuale dirigenza della Lega Pro sta cercando di correre ai ripari e rilanciare la serie in uno stile più consono.

Però ancora la scorsa estate, racconta al Sole Francesco Ghirelli, attuale presidente di Lega Pro, “ci ha lasciato un eredità pesante”. Che si sostanzia in un quadro di 10 squadre che avevano presentato fidejussioni “irregolari” pur di riuscire a iscriversi, altre che sono rimaste appese in attesa di poterlo fare “a causa della lentezza e le indecisioni della giustizia sportiva”.

A questo quadro, va ad aggiungersi il fatto gravoso che dall’anno Duemila “sono oltre 150 le società che sono fallite o che non si sono iscritte al campionato”. Una vera e propria ecatombe che ha finito con il ridurre il numero dei club alla base della piramide del professionismo da 90 a 60”, ma forse anche molti di meno. Sconquasso su cui si è poi inserita la crisi economica, come già detto, che ha ridotto il bacino di quelle società disposte a sostenere economicamente una squadra e le sue necessità.

“Criticità che si sono aggiunte alle normali problematiche che possono presentarsi nel corso di una stagione” spiega Ghirelli, che aggiunge anche: “Ma degli oltre 130 punti di penalizzazione dovuti a inadempienze retributive e contributive, più dell’80% sono ascrivibili a quelle stesse realtà che sono state ammesse dopo innumerevoli ricorsi e derogando alle regole ordinarie. Sarebbe bastato applicare queste ultime per evitare alla categoria un danno di immagine e di reputazione enorme”.

Intanto, è stata varata una disciplina contabile più severa. Ad esempio le iscrizioni alla prossima stagione dovranno essere completate inderogabilmente entro il 24 giugno.

In caso di mancato pagamento degli emolumenti, ritenute Irpef e contributi Inps per due bimestri, anche non consecutivi, scatterà l’esclusione dal campionato. E viene per esempio anche istituita una black-list per evitare l’acquisto dei club da parte di soggetti “indesiderabili”.

Toccherà alla Figc dare il là al riconoscimento del titolo sportivo a patto che gli acquirenti “abbiano ricoperto negli ultimi 5 anni il ruolo di socio o di amministratore oppure di dirigente in società destinatarie di provvedimenti di esclusione dal campionato o di revoca dell’affiliazione” spiega il Sole.

Sarà richiesta una capacità finanziaria ed economica tale da far fronte, in misura proporzionale alla partecipazione acquisita, alle attività di impresa derivanti dal fatturato medio delle ultime 3 stagioni sportive e una fidejussione bancaria a garanzia dei debiti sportivi scaduti per la stagione in corso.

Conclude Ghirelli: “Occorre elevare la cultura calcistica e imprenditoriale per bandire faccendieri e millantatori. La credibilità è il fattore decisivo. Quest’anno ci sono 5 promozioni in B e 5 retrocessioni, rispetto a 4 promozioni e 9 retrocessioni. Abbiamo però stabilito lo scorso aprile che in presenza di rinunce di società all’iscrizione per il campionato 2019/20 o in caso di esclusioni o fallimenti vadano riammessi prioritariamente i club virtuosi di Lega Pro”. Misure di trasparenza.

Il Direttore editoriale Carlo Costantini – Foto Luigi Rega

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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