…Vedere i cinesi a Milano, a Milano… E no, le parole della canzone di Memo Remigi non era queste, ma fanno il paio con quanto accaduto in pochi mesi alle due formazioni calcistiche milanesi, pur se sulla sponda interista di passaggi di consegne ne era già capitato uno, con l’Indonesiano Erick Thohir.

Così, dopo Massimo anche Silvio saluta, e se ne va un altro po’ di meneghino, anche perché i giovani invecchiano, come i loro “giocattoli” e capita di dover per forza dire basta; che poi i due lo abbiano fatto controvoglia è chiaro come la luce del sole, così come diverse erano le finalità e sono stati i risultati.
Massimo aveva preso l’Inter per riportarla ai fasti dei tempi d’oro di papà Angelo, quasi fosse un pezzo di famiglia da far risplendere, da mostrare ad amici e non, da conservare e preservare gelosamente, perché anche i giocattoli possono essere preziosi quando li si ama.
Che poi, per mille motivi, ci fosse da spendere (tanto) per non gioire e divertirsi è un’altra faccenda, ma si sa che nel calcio come nella vita i furbi imperano ed a volte si fa fatica ad accettare e ci vuole tempo per decidere di imparare a difendersi, giusto o meno che sia.

Il calcio ha regole, quasi mai rispettate, ma il giorno in cui chi comanda decide che si cambia ecco che capita di doversi ancora una volta adeguare e, messo mano al portafoglio, accorgersi che il gesto non basta più ed allora bisogna trovare un compromesso o, meglio ancora, qualcun altro che il portafoglio lo ha più pieno (forse) e scendere a patti, fare un passo indietro e ritrovarsi a salutare e lasciare il palcoscenico, controvoglia e magari con l’inutile ruolo di “consulente” che conta ed è ascoltato come il due di picche, ma tant’è così è la vita!

Silvio ci ha messo più tempo per digerire quello che doveva accadere, per dire sì e chiudere una porta che ha rappresentato trent’anni di vita e di storia, che spesso è servita per raccogliere consensi oltre ogni ragionevole previsione, ma si sa, vinci una partita di calcio e l’italiano entra nella cabina elettorale con l’animo leggero e ben disposto verso chi non ha detassato la benzina ma ti ha dato una gioia ancora più grande, quella calcistica!

All’apparenza Silvio è stato più scaltro, ha incassato un bel pacco di soldi ed ha garantito ricchi investimenti al suo ex giocattolo, anche se per farlo tornare vincente c’è l’impressione che non basterebbe spenderli tutti insieme visto che quel che ne resta pare una di quelle auto che trovi dal rottamaio; inoltre il Silvio è rimasto Presidente Onorario e, cribbio, vuoi che non lo ascoltino, lui che è Presidente, Direttore Sportivo, allenatore, capitano, bomber, portiere, regista di centrocampo… E manca solo Comandante dell’esercito di terracotta di Qin Shi Huang, tanto per restare in tema.

Eh, una volta c’era la Milano da bere ed oggi persino la birra è cinese e chissà se un giorno al posto della Madunina troveremo l’effige di Mao e le formazioni delle milanesi reciteranno: Hu, Wang, Zhu… E bisognerà imparare il mandarino per leggerla…

Per ora accontentiamoci dei soldi che (dovrebbero) arrivare in gran quantità, anche se al momento se ne è parlato e poco più, facendo venire un bel mal di pancia al Mancio e lasciando l’Aeroplanino nel dubbio che fosse meglio andare al Milan a gennaio, quando alle parole dovrebbero sostituirsi i fatti ed i “danè” servire finalmente per qualche arrivo diverso da troppi “parametro zero”.

Siamo ai saluti finali, quelli di Massimo e Silvio, del fratello Paolo (che mai nessuno ha capito a cosa servisse), di Barbara che invece del progetto del nuovo stadio si occuperà di quello del nuovo figlio in arrivo (cui pare più preparata) e chissà, quelli di Adriano e delle sue cravatte gialle, che non paiono più portare così fortuna, ma magari indossandone due insieme…

A cura di Maurizio Vigliani

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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