Ma cosa cambia per i tantissimi dipendenti di UBI? Il piano di Ubi, durato appena qualche ora, aveva previsto 2mila esuberi, inclusi i circa 300 dipendenti dell’accordo sindacale del dicembre 2019, la chiusura di ben 175 filiali e una riduzione degli sportelli full cash del 35%.

Con la fusione di UBI e Intesa il benchmark dei sindacati per i piani industriali è invece di un’assunzione ogni due uscite. Di fronte alla fusioni si innescano, inevitabilmente, sovrapposizioni che quasi sempre generano altri esuberi. Tradotto, considerando anche i tagli in UniCredit, tutto ciò significa che dopo la fusione Intesa-Ubi in pochi mesi ci sarebbero 11mila bancari in uscita. Una discreta ecatombe dal punto di vista del lavoro.

Tuttavia, Messina ha assicurato che “il piano crea valore per tutti” e infatti sono in molti a reagire positivamente. L‘operazione Intesa Sanpaolo-Ubi porterà anche a 2.500 ingressi di giovani nel nuovo gruppo, grazie a un progetto per promuovere il cambio generazionale e sostenere l’occupazione. La manovra sarebbe sostenuta attraverso il Fondo per l’occupazione che viene alimentato dai bancari stessi, con una dote decisamente imponente.

Il piano dei sindacati bancari per rilanciare il lavoro
Proprio per prepararsi alla situazione drammatica generalizzata che si stava delineando, i sindacati bancari, con in testa la Fabi, avevano proposto un progetto per il rilancio dell’occupazione in banca già a inizio anno, facendo seguito anche al rinnovo del contratto collettivo nazionale con Abi, avvenuto da poco.

Tra le grandi novità dell’accordo di Natale 2019 c’è stato il superamento del salario di ingresso per i giovani, che non entreranno più in banca con una busta paga depotenziata, ma piena. Unica, magra, consolazione.

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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