Quando ero piccolo, ricordo che i miei genitori mi portavano al circo Zanfretta, un modesto tendone dove la stessa persona oltre a stare all’ingresso, in biglietteria, faceva poi il clown, il domatore di un coccodrillo, il giocoliere e l’equilibrista (immaginate un po’ come poteva essere la vita dietro le scene di quel piccolo anfiteatro in terra battuta).

Il “trasformista”, per non farsi riconoscere, usava una parrucca che una volta, all’improvviso, gli volò via, scatenando una marea di risate. Eppure, noi bambini, in quel “poco”, tutti a bocca aperta e occhi spalancati, ci divertivamo tanto. Sotto quel telone, ingiallito dal tempo, il clou dello spettacolo, era l’esibizione degli asini, tra i quali, uno capace di cose incredibili, come ad esempio riuscire a contare, con il battito degli zoccoli, somme numeriche che gli venivano proposte a voce, dal pubblico presente. I ciuchi, inoltre, rispondevano prontamente e con destrezza, ai comandi “avanti”, “fermi”, “dietro-front”, “di passo”, “di corsa”, “piroetta”, cose che i due cavalli (più ronzini che puledri), non riuscivano a fare meglio.

I somari, sapevano persino riconoscere oggetti che venivano loro nominati, andando a toccarli col muso, e mostravano nei confronti dell’amico domatore grande affetto: lo si capiva dagli atteggiamenti, fuori spettacolo, nei suoi confronti. Eppure, quante volte – diffusa abitudine di nominare l’innocente bestia – volendo riferirsi a un’incapacità (ne sanno qualcosa tanti scolari), si usa dire: “Sei proprio un asino!”, oppure “Sei un grande somaro!”?

E quante ancora, con tono dispregiativo, si proferisce contro qualcuno dicendogli: “Sei un maiale”, a voler intendere un malcostume, piuttosto che: “Puzzi come un maiale!”, riferiti a una scarsa igiene. Sfido chiunque a stare chiusi in uno spazio ristretto, dove mangiare e convivere con le varie sporcizie che si accumulano, oppure all’aperto, dove la pioggia trasforma la terra in fango, per tutta la vita (ahimè, breve, per il povero ‘muso schiacciato’). Vivessero, i così detti ‘maiali’, nei panni di Tommy, Timmy e Jimmy, come nella favola de “I tre porcellini”, impegnati all’aria aperta a sfuggire al lupo Ezechiele, non si presenterebbero sicuramente lerci. Ma lo loro vita, di potenziali prosciutti (ahi loro), è racchiusa in ristretti stabbioli.

Tra le altre cose, non risultano maiali morti di vecchiaia…

Un maiale si crogiolava nel fango, tranquillo, quando, alla vista dell’asino, che trasportava con grande fatica, come al solito, un enorme peso, rivoltosi beffardamente, disse: “Guarda lì che faticaccia ti tocca fare tutti i giorni, per giunta bastonato, mentre io me ne sto qui in panciolle ad ingrassare beatamente”. Rispose l’asino: “Sì, è vero, però tu non sei quello dell’anno scorso!”.

Da pochi, ma é risaputo che i maiali, come i colleghi asini, sono addomesticabili, come loro, pure dotati di insolita intelligenza. Negli Stati Uniti (Paese sicuramente originale per le stravaganze) è andata di moda l’usanza di girare per strada con piccoli maialini al guinzaglio, più originali dei classici, scontati, cagnolini da passeggio. Che dire poi quando, dopo averli ingrassati per bene, si fa loro… la ‘festa’? E del ‘fu maiale’, si usa tutto! Non si scarta nulla! Quale malcostume in questa, pur insolita, generosità? Quindi, perché chiamare in causa, fuori luogo, questo intelligente, generoso, compagno?

Altra usanza verbale: “Sei testardo come un mulo!”. Ebbene, si provi a faticare tutto il giorno, con dei pesanti carichi sulla groppa, per vedere se poi anche noi, prima o poi, non puntiamo… gli zoccoli. Immaginiamo gli alpini, senza i loro amici a quattro zampe, quando valicavano le montagne, attraverso quei sentieri impervi che hanno consegnato alla storia le loro eroiche gesta. Come avrebbero potuto trasportare le ingombranti armi dell’artiglieria pesante di montagna, senza i commilitoni muli? Non si nominino più, allora, impropriamente, questi amici animali, se non per elogiarne intelligenza, generosità, dedizione!

“Sei un asino Pierino! Testardo come un mulo!”. “Grazie signora maestra!”.

A cura di Vittorio Benini

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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