Tocca questa volta ad un uomo l’onore di essere tra i PROTAGONISTI nel giorno del proprio compleanno, il 19 maggio, perché oggi Livio Berruti, olimpionico sui 200 metri a Roma, raggiunge il traguardo delle ottantuno primavere, essendo nato a Torino il 19 maggio 1939.

Primo italiano a vincere l’oro della specialità alle Olimpiadi e primo italiano a raggiungere la finale dei 200, Berruti è anche colui che ha spezzato l’egemonia americana sulla distanza, prima del russo Valery Borzov e di Pietro Mennea; quella olimpica è stata la più importante vittoria del velocista italiano in carriera, ma va considerato che i tempi non erano quelli odierni e la “scienza”, anche intesa come sistemi d’allenamento ed alimentazione iniziò a fare capolino sono nel decennio successivo.

Da considerare anche che Berruti, ragazzo di buona famiglia e con interessi che andavano al di là dello sport come “mestiere”, non ha probabilmente sfruttato tutte quelle che erano le proprie doti fisiche ed agonistiche; questo nulla toglie in ogni caso ad un atleta che è diventato e resta una leggenda dello sport italiano, certamente estremamente serio nei comportamenti dentro e fuori lo sport, persino timido e schivo e che mai ha sfruttato fama e nome a proprio beneficio.

I tanti record italiani battuti sui 100 e 200 metri, oltre che con la 4×100 azzurra, il mondiale eguagliato, sia in semifinale, che in finale, nella spettacolare vittoria di Roma, sono testimonianza di quanto fatto da Berruti e se poi non era e non è mai stato un personaggio, uno che, come Mennea ce l’aveva sempre e comunque con qualcosa o qualcuno, cosa importa?

Il palmares di Berruti riporta, oltre all’oro olimpico, due ori e due argenti ai Giochi del Mediterraneo e quattro ori e due bronzi alle Universiadi, all’epoca appuntamento che valeva l’odierno Mondiale, visto il numero e la qualità dei partecipanti; a questo occorre aggiungere i sei titoli nazionali sui cento metri, gli otto sui duecento e quello con la staffetta 4×100; comunque un tabellino che qualunque atleta, anche oggi, farebbe la firma per raggiungere.

Berruti, che correva con gli occhiali da sole forse concedendosi anche lui un “vezzo” di distinzione, aveva una tecnica estremamente elegante e potente, una grande leggerezza di falcata, tanto da essere ancora oggi un modello per la corsa veloce; a queste grandi doti tecniche, Berruti non abbinava purtroppo un gran fisico, da ragazzo era piuttosto gracile e addirittura il padre era arrivato a diffidare lo staff della Nazionale per la decisione di fargli correre non solo i cento ma anche i duecento metri.

Alla fine saranno proprio i suoi guai fisici ai tendini a determinarne il ritiro a soli ventinove anni, ricordando inoltre che all’epoca si correva ancora sulla terra rossa, quindi senza la spinta di superfici che restituivano all’atleta proprio la potenza di spinta espressa nella corsa.
Probabilmente ciò che impedì a Berruti di ottenere risultati ancora migliori fu una continuità di rendimento non sempre all’altezza dell’atleta, anche se a Tokyo 1964, si presentò all’Olimpiade in grande forma, cosa che non bastò per ottenere un piazzamento migliore del quinto posto, sempre però da primo degli europei.

Oggi che si parla tanto anche di premi, di sostenere gli atleti migliori da parte di Federazione e sponsor vari, è curioso sapere cosa fruttò quella vittoria olimpica: una 500 dalla FIAT, 800.000 lire dal CONI per l’oro e 400.000 lire per il record mondiale, premi importanti per l’epoca, ma da non mettere a confronto con quanto può rendere oggi una medesima vittoria, non solo quale premio immediato, ma nel corso della carriera.
Berruti in ogni caso resta un’icona dello sport, perché un’oro olimpico non lo si conquista a caso e non è cosa da tutti, tanti grandi campioni non ci sono mai arrivati, ed è quindi giusto tributargli i meritati onori, oltre ad augurargli il Buon Compleanno che, da sportivo e da uomo merita.

Il Direttore Responsable Maurizio Vigliani – Foto Ansa

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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