Pasqua e Pasquetta in famiglia, senza shopping. I sindacati del commercio di Cgil, Cisl e Uil scendono di nuovo in campo contro le aperture dei negozi nelle festività, il cui “valore sociale” va rispettato e difeso. E per questo anche quest’anno Filcams, Fisascat e Uiltucs proclamano uno sciopero per la domenica di Pasqua e il lunedì di Pasquetta. Le regioni interessate, per ora, sono Emilia Romagna, Toscana e Lazio.

“La festa non si vende. Il commercio non è un servizio essenziale”, si legge nel volantino preparato dalle tre sigle sindacali toscane, su cui la foto di uova pasquali è accompagnata dalla scritta “Vi romperemo le uova nel paniere”. La protesta, in particolare, in Emilia Romagna riguarda i centri commerciali. In Toscana e nel Lazio tutto il commercio, dai supermercati ai negozi di abbigliamento. Una decisione per dire ancora una volta no alle “liberalizzazioni selvagge” e per chiedere “il rispetto del significato e del valore sociale” delle festività. “Le aperture indiscriminate non hanno portato vantaggi, è aumentata solo la precarietà”, si legge ancora nel volantino di Filcams, Fisascat e Uiltucs Toscana.

Non è la prima volta che i sindacati chiamano i lavoratori ad incrociare le braccia nei giorni di festa. E non sarà l’ultima: Filcams, Fisascat e Uiltucs di Roma e del Lazio hanno infatti già proclamato anche lo sciopero per il 25 aprile e il primo maggio. “La scelta di alcune aziende della distribuzione di aprire al pubblico nella domenica di Pasqua e nelle prossime festività di Pasquetta, 25 aprile e primo maggio – si legge nella dichiarazione unitaria di sciopero – rappresenta uno stravolgimento del vivere sociale della nostra comunità democratica, fondata anche sul valore sociale delle festività”.

In Emilia Romagna, i tre sindacati si sono rivolti ai dipendenti dei centri commerciali: “Non lavorino per Pasqua e Pasquetta”. E chiedono che “si riattivi” la discussione in Parlamento “per una nuova regolamentazione delle aperture commerciali. Le liberalizzazioni sono sbagliate, non aiutano la crescita, non creano nuova occupazione, producono dumping tra piccola e grande distribuzione, svendono le festività, svuotano i centri storici delle città a favore delle cittadelle del consumo, sviliscono la qualità del lavoro”. E ricordano ai lavoratori che, sulla base delle norme contrattuali vigenti e di recenti sentenze, “potranno rifiutarsi di lavorare in tutte le festività, senza incorrere in nessuna sanzione”.

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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