Benvenuti all’inferno. Un inferno che ci siamo creati noi, facendo le scelte sbagliate per una società che risulta sempre più alla deriva e sempre più povera; ma, come diceva il grande Totò, “a volte è difficile fare la scelta giusta perché o sei roso dai morsi della coscienza o da quelli della fame”. Purtroppo, i morsi di coscienza di chi vive alle spalle degli indigenti sono rarissimi, potremmo definirli una “specie in via d’estinzione”.

Mentre il colossale Leviatano – camuffato da banca o da multinazionale – continua a nutrirsi con una voracità allarmante, solo in Italia, le persone che versano in uno stato di povertà assoluta hanno raggiunto quota 4 milioni, secondo uno degli ultimi aggiornamenti Istat. Nello specifico, il 6,1% delle famiglie residenti in Italia si trova in condizione di estrema povertà e si tratta del numero più alto dal 2005 ad oggi. Anche la povertà relativa non ha registrato miglioramenti: nel 2015 è rimasta stabile in termini di famiglie (2 milioni e 678 mila pari al 10,4% delle famiglie residenti), mentre è aumentata in termini di persone (8 milioni e 307 mila pari al 13,7%).

Naturalmente, coloro che raccolgono in misura maggiore gli amari frutti di questa catastrofe firmata dal genere umano, sono i bambini. Lo scorso anno, durante il World Economic Forum di Davos, erano stati riportati dati terribili: 570 milioni i bambini che vivono in condizioni di estrema povertà nel mondo e 750 milioni quelli vittime di deprivazioni di vario tipo. Più di 950 milioni sono invece i minori che rischiano di cadere in povertà.

Ma non stiamo facendo una fotografia virtuale solo dello stato dei bimbi del terzo mondo. E’ fondamentale sapere infatti che circa il 73% delle persone povere vive in paesi a medio reddito e anche nei paesi più ricchi non mancano le violenze e le deprivazioni ai danni dei minori. Sono 30 milioni i bambini che vivono in condizioni di povertà relativa nei paesi OCSE e nella sola Unione Europea il 27% dei bimbi è a rischio di povertà ed esclusione sociale.

Il punto su quale si invita a riflettere è che qui non stiamo parlando di un qualche cataclisma naturale imprevedibile, totalmente al di fuori del controllo umano: parliamo di un inferno creato da noi, accettato con omertà dalla maggior parte delle persone, che richiederebbe invece un intervento cogente. E non domani. Adesso.

Perché il potere di cambiare le cose lo abbiamo, anche se occorrerebbe, per prima cosa, una nuova mentalità: da una società competitiva basata sull’accumulo di capitale, ad una basata sulla cooperazione.

A cura di Silvia Pari

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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