A seguito dello scandalo “Panama Papers”, è d’uopo un approfondimento sui “paradisi fiscali”. Perché hanno motivo di esistere? Trattasi di stati esteri sparsi su tutto il pianeta, ovvero di quelle nazioni sovrane che annualmente sono censite nella famosa “black list” che viene pubblicata e costantemente aggiornata dall’Agenzia delle Entrate. Una cosa è certa: chi fa affari con società che hanno sede nei paradisi fiscali, oltre a non beneficiare dell’indeducibilità fiscale sul territorio nazionale, entra nel mirino dell’Amministrazione Finanziaria. Ma chi invece, in proprio o per interposta persona, registra una società in quelle particolari località, beneficia di ben altri vantaggi. I più noti “paradisi fiscali” sono: Panama, Bahamas, Isole Cayman, Filippine, Gibilterra, Polynesia Francese, Isole Marshall, Liechtenstein, etc.

I presupposti fondamentali che un paradiso fiscale deve garantire alla potenziale clientela sono:
– imposizione fiscale diretta ed indiretta bassissima, talvolta inesistente;
– assoluta stabilità di governo;
– scarsi controlli sui capitali provenienti dall’estero;
– adempimenti contabili-amministrativi pressoché nulli;
– massima riservatezza;
– scarsissima collaborazione con le autorità fiscali estere.

All’interno dei cosiddetti “paradisi fiscali” si fanno principalmente due cose:
– si registrano società commerciali e non, riconducibili a soggetti esteri;
– si gestiscono capitali tramite le banche locali.

Sovente, però, capita purtroppo, che le società registrate che vengono chiamate “società off-shore”, siano di fatto società fittizie che servono ad eludere imposizioni fiscali vigenti ed obbligatorie in altri Paesi. Il termine off-shore infatti, identifica una società registrata in base alle leggi di uno stato estero, ma che conduce la propria attività al di fuori dello stato o della giurisdizione in cui essa è registrata. Le società off-shore in sostanza, sono utilizzate per realizzare discretamente articolate speculazioni, operazioni finanziarie vietate o illecite o per nascondere perdite di bilancio di altre società. Comunque, è bene ricordare che tenere il proprio denaro sui conti bancari di istituti presenti nei paradisi fiscali, è legale se dichiarato.

La caccia ai capitali nascosti in quei lidi, non è tanto legata a problematiche di evasione, quanto a questioni correlate al riciclaggio nonché alla difficile individuazione della provenienza dei capitali che talvolta prende origine da attività illecite e/o criminali … in pratica, nei paradisi fiscali, la tracciabilità del denaro che si muove, non è così trasparente.

Panama è certamente uno dei più importanti paradisi fiscali del mondo, ove sono registrate oltre 350.000 società e dove si stimano ricchezze depositate occulte, per quasi 40.000 miliardi di dollari. Ma perché così tante società vengono registrate a Panama? Perché colui che detiene quote, azioni, obbligazioni e/o comunque il controllo della società off-shore, non è registrato, né alla camera di commercio locale, né su altre scritture contabili. A Panama, tutti i titoli, azioni comprese, possono essere “al portatore”: chi le possiede è il proprietario!

Dulcis in fundo: per vendere una società ed incassare il relativo corrispettivo, è sufficiente la consegna fisica di un pezzo di carta.

A cura del Prof. Pierluigi Vigo

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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