«Si possono costruire tanti muri e sbarrare gli ingressi per illudersi di sentirsi sicuri con le proprie ricchezze a danno di quanti si lasciano fuori. Non sarà così per sempre». Il tono di Francesco, nel messaggio per la terza Giornata mondiale dei poveri, è solenne. «Il “giorno del Signore”, come descritto dai profeti, distruggerà le barriere create tra Paesi e sostituirà l’arroganza di pochi con la solidarietà di tanti. La condizione di emarginazione in cui sono vessate milioni di persone non potrà durare ancora a lungo. Il loro grido aumenta e abbraccia la terra intera. Come scriveva Don Primo Mazzolari: “Il povero è una protesta continua contro le nostre ingiustizie; il povero è una polveriera. Se le dai fuoco, il mondo salta”». È come se il Papa rispondesse a chi, anche nella Chiesa, lo accusa di un’attenzione eccessiva ai temi «sociali», come se il primato dei poveri fosse qualcosa di esterno al Vangelo. E invece, «dinanzi all’ innumerevole schiera di indigenti, Gesù non ha avuto timore di identificarsi con ciascuno di essi», spiega Francesco con le parole che nel capitolo 25 del Vangelo di Matteo annunciano il Giudizio finale: «”Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Sfuggire da questa identificazione equivale a mistificare il Vangelo e annacquare la rivelazione». Il testo del Papa procede con una riflessione intorno alle parole «di incredibile attualità» del Salmo 9: «La speranza dei poveri non sarà mai delusa». Quando vennero scritte, «era il tempo in cui gente arrogante e senza alcun senso di Dio dava la caccia ai poveri per impossessarsi perfino del poco che avevano e ridurli in schiavitù. Non è molto diverso oggi», scrive Francesco. «La crisi economica non ha impedito a numerosi gruppi di persone un arricchimento che spesso appare tanto più anomalo quanto più nelle strade delle nostre città tocchiamo con mano l’ingente numero di poveri a cui manca il necessario e che a volte sono vessati e sfruttati. Tornano alla mente le parole dell’Apocalisse: “Tu dici: Sono ricco, mi sono arricchito, non ho bisogno di nulla. Ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo”». Per i ricchi, talvolta, «è come se si trattasse di una battuta di caccia, dove i poveri sono braccati, presi e resi schiavi». Il Salmo riguarda «il nostro presente posto dinanzi al giudizio di Dio», insiste il Papa: «Anche oggi dobbiamo elencare molte forme di nuove schiavitù a cui sono sottoposti milioni di uomini, donne, giovani e bambini. Incontriamo ogni giorno famiglie costrette a lasciare la loro terra per cercare forme di sussistenza altrove; orfani che hanno perso i genitori o che sono stati violentemente separati da loro per un brutale sfruttamento; giovani alla ricerca di una realizzazione professionale a cui viene impedito l’accesso al lavoro per politiche economiche miopi; vittime di tante forme di violenza, dalla prostituzione alla droga, e umiliate nel loro intimo. Come dimenticare, inoltre, i milioni di immigrati vittime di tanti interessi nascosti, spesso strumentalizzati per uso politico, a cui sono negate la solidarietà e l’uguaglianza? E tante persone senzatetto ed emarginate che si aggirano per le strade delle nostre città?».

«I poveri troppo spesso trattati da rifiuti»
È uno scandalo per il quale Francesco ha parole durissime: «Quante volte vediamo i poveri nelle discariche a raccogliere il frutto dello scarto e del superfluo, per trovare qualcosa di cui nutrirsi o vestirsi! Diventati loro stessi parte di una discarica umana sono trattati da rifiuti, senza che alcun senso di colpa investa quanti sono complici di questo scandalo. Giudicati spesso parassiti della società, ai poveri non si perdona neppure la loro povertà. Il giudizio è sempre all’erta. Non possono permettersi di essere timidi o scoraggiati, sono percepiti come minacciosi o incapaci, solo perché poveri». Come se non bastasse, «non è consentito loro di vedere la fine del tunnel della miseria» e «si è giunti perfino a teorizzare e realizzare un’architettura ostile in modo da sbarazzarsi della loro presenza anche nelle strade, ultimi luoghi di accoglienza», denuncia. «Anche là dove dovrebbe registrarsi almeno la giustizia, spesso si infierisce su di loro con la violenza del sopruso. Sono costretti a ore infinite sotto il sole cocente per raccogliere i frutti della stagione, ma sono ricompensati con una paga irrisoria; non hanno sicurezza sul lavoro né condizioni umane che permettano di sentirsi uguali agli altri. Non esiste per loro cassa integrazione, indennità, nemmeno la possibilità di ammalarsi».

«Ma Dio non è indifferente davanti alle loro preghiere»
Eppure, «un povero non potrà mai trovare Dio indifferente o silenzioso dinanzi alla sua preghiera» ed è «proprio questa confidenza nel Signore, questa certezza di non essere abbandonato, che richiama alla speranza». Le Beatitudini si aprono con l’espressione «Beati voi poveri». Nei loro confronti, fa notare il Papa, si gioca la credibilità anche la salvezza dei fedeli: «Passano i secoli, e quella beatitudine evangelica appare sempre più paradossale; i poveri sono sempre più poveri, e oggi lo sono ancora di più. Eppure Gesù, che ha inaugurato il suo Regno ponendo i poveri al centro, vuole dirci proprio questo: Lui ha inaugurato, ma ha affidato a noi, suoi discepoli, il compito di portarlo avanti, con la responsabilità di dare speranza ai poveri. È necessario, soprattutto in un periodo come il nostro, rianimare la speranza e restituire fiducia. È un programma che la comunità cristiana non può sottovalutare. Ne va della credibilità del nostro annuncio e della testimonianza dei cristiani». L’opzione per gli ultimi «è una scelta prioritaria che i discepoli di Cristo sono chiamati a perseguire per non tradire la credibilità della Chiesa e donare speranza fattiva a tanti indifesi». Certo, «non è facile essere testimoni della speranza cristiana nel contesto della cultura consumistica e dello scarto, sempre tesa ad accrescere un benessere superficiale ed effimero». Per questo «è necessario un cambiamento di mentalità per riscoprire l’essenziale». Da qui l’appello di Francesco: «Mettiamo da parte le divisioni che provengono da visioni ideologiche o politiche, fissiamo lo sguardo sull’essenziale che non ha bisogno di tante parole, ma di uno sguardo di amore e di una mano tesa». La conclusione è il nucleo del suo messaggio: «Per un giorno lasciamo in disparte le statistiche; i poveri non sono numeri a cui appellarsi per vantare opere e progetti. I poveri sono persone a cui andare incontro: sono giovani e anziani soli da invitare a casa per condividere il pasto; uomini, donne e bambini che attendono una parola amica. I poveri ci salvano perché ci permettono di incontrare il volto di Gesù Cristo».

Fonte Corriere Gian Guido Vecchi – Foto Ansa

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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