Una foto pubblicata su Instagram, con un cartello a coprirle il volto. “Chiuso”, si legge.
E poi, una frase lapidaria: “Il reato non sussiste”. Ha usato questa immagine, Paola Barale, per commentare la fine della vicenda giudiziaria che l’ha vista protagonista come parte lesa.
Una fine che non era certo quella sperata dalla celebre conduttrice tv.

«È sempre bello condividere una gioia, oggi invece sono qui per parlarvi di qualcosa che mi fa male», esordisce. Per poi raccontare nel dettaglio tutto quello che le è successo. «L’anno scorso sono stata paparazzata a casa mia a seno nudo, in un mio momento privato e non in topless, e per quanto mi riguarda c’è una bella differenza» spiega, riportando alla memoria quando successo nell’estate 2017 a Ibiza, dove Paola Barale possiede una casa (all’interno di un comprensorio privato, accessibile solo dopo aver superato una guardiola con tanto di personale di sicurezza). Qui, la bionda conduttrice si trovava in vacanza quando la mattina, subito dopo essersi svegliata, è stata catturata col suo seno nudo dall’obiettivo di un fotografo. Che ha ovviamente rivenduto quelle immagini, con conseguente diffusione a livello nazionale (e non solo).

«Ieri per la terza volta è arrivata l’umiliazione (era già stata chiesta l’archiviazione, ho fatto appello e ieri la bella notizia). Perché secondo la legge italiana, o meglio a detta delle due giudici donne che hanno seguito il caso e hanno deciso che il reato non esiste, non è stata violata la mia privacy. Sono indignata e offesa perché non mi sento tutelata come essere umano e come donna e, come ho già detto più volte, in un momento così delicato per l’universo femminile, che sta vivendo un periodo tragico dove tutti i giorni si urla e si chiede rispetto e più tutela, mi e vi chiedo se questo vi sembra un messaggio, un esempio di rispetto», continua nel suo lungo sfogo.

Paola Barale ha poi definito l’accaduto: «Una delinquenza legittimata, un reato, un gesto pari a quello di chi, senza scrupoli, pubblica sui social foto a tradimento di compagni di classe, amici e conoscenti. Non raccontatemi che un personaggio pubblico deve accettare tutto lo schifo. In quel momento io ero Paola, a casa mia, appena sveglia, non c’era nulla di pubblico (…) Viviamo in un sistema che fa acqua da tutte le parti, so che ci sono argomenti decisamente più importanti sui quali soffermarci, ma se vogliamo davvero che cambino le cose, le battaglie devono partire da ognuno di noi. A questo punto il procedimento penale è CHIUSO. Accetto mio malgrado la giustizia, se così si può chiamare, e la sconfitta. Ma c’è una cosa a cui non rinuncio: la dignità», conclude. Raccogliendo decine e decine di messaggi di solidarietà, non solo femminili.

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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