Basterà Ibrahimovic per fare del Milan una formazione in grado di lottare per l’Europa? Servirà rivedere Ibracadabra o basterà un attaccante reduce da qualche stagione non propriamente esaltante per dare la scossa ad un ambiente al limite della depressione e far ridiventare il Milan una squadra di calcio invece che un’accozzaglia di gente che pare messa lì per caso, senza capo né coda?
L’interrogativo è sulla bocca di tutti, con ovviamente le risposte più disparate, a seconda se siano date con la speranza del tifoso o con il solo raziocinio, ben sapendo che può davvero succedere di tutto, ma… anche cercando di restare nella realtà di una grandissimo campione che due mesi e mezzo fa ha compiuto 38 anni e, giocoforza, non può più essere quello approdato dieci anni fa in un Milan che, se non era il meglio del calco mondiale, era pur sempre ben diverso dallo smunto diavolo odierno.

Ci si aggrappa ad Ibrahimovic nella Milano rossonera, anche perché da qualche anno le certezze sono evaporate pezzo per pezzo, così come sono finiti i giorni di uomini che hanno fatto la storia e, fuori dal campo, si sono rivelati assai meno bravi di quando vestivano maglietta e pantaloncini; correre dietro ad un pallone è una cosa, farlo “girare” dal di fuori tutta un’altra!
Non credo che al Milan manchino i buoni calciatori, però non necessariamente questi fanno una squadra e meno che mai la fanno buona, come si vorrebbe fosse il Diavolo, la sua storia; nel calcio d’oggi serve chi è capace di fare le giuste scelte, serve competenza al vertice, molto più di un portafoglio colmo che spesso serve solo a spendere male e mi pare che questa sia la prima “mancanza” di una Società che di soldi ne ha spesi troppi per portare a casa troppo poco.

Chi comanda al Milan? Chi prende le decisioni? Non credo il Presidente Scaroni, figura che mi pare niente altro che platonica, e non so quante decisioni siano in mano all’AD Gazidis; è allora Paolo Maldini il deputato a prendere le decisioni tecniche? Dall’alto di quale esperienza lavorativa precedente in merito, o il suo ruolo è legato al proprio passato, senza considerare la differenza tra campo e scrivania? E Boban? Cosa significa “Chief football officer” e quali competenze gli sono assegnate dopo un passato alla FIFA non certo di campo?
Sarà che sono rimasto indietro e l’inglese non è la lingua a me più simpatica, ma al Milan ci sono cinque “Chief” che forse si occupano del menù di Milanello e di Casa Milan piuttosto che di cose di calcio, e si vede dai risultati! Scherzi a parte, ho la sensazione che senza una Società, nel vero senso della parola abbinata al calcio, Ibra possa essere un’aspirina e nulla più, un palliativo da dare in pasto ai tifosi e per far risuonare la grancassa mediatica che, con i rossoneri, è sempre molto generosa.

Certo Zlatan non è Giampaolo, almeno sotto questo aspetto i fan rossoneri possono stare tranquilli, ma gli anni passano per tutti e chissà se basterà il carisma dello svedese per vedere i suoi compagni fare tre passaggi consecutivi giusti e non andare in affanno appena gli avversari superano la metà campo? Chissà se basterà Ibra per cercare di recuperare la via dell’Europa perduta, per tornare ad essere una realtà importante del calcio, italiano innanzi tutto, che oggi è solo un caro ma remoto ricordo?

Il Direttore responsabile Maurizio Vigliani – Foto Vittorio Calbucci archivio

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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