Michelle Hunziker è stata plagiata per cinque anni. I meccanismi di ricatto sono raccontati nel suo libro “Una vita apparentemente perfetta”: dai 23 ai 28 anni la conduttrice televisiva è stata “prigioniera” di una setta di cui è riuscita a liberarsi solo nel 2006.

“E’ la prima volta che racconto questa storia. Finora ho nascosto tutto persino a mia madre, l’unico con cui ne ho parlato è stato mio marito Tomaso. Quando ci siamo conosciuti abbiamo condiviso tutto: lui i suoi lutti e io la mia esperienza dei cinque anni in una setta. Una volta uscita da lì è stato un continuo tentativo di ricostruire la mia vita. Non è stato facile accettare che fosse successo proprio a me: ho sofferto di attacchi di panico e per anni ho creduto che sarei morta di lì a poco, per soffocamento, come aveva previsto la setta”. Michelle Hunziker ha raccontato un periodo difficile della sua vita principalmente per un solo motivo: mettere in guardia quelli che rischiano di cadere nella rete di un sedicente “guru”.

“E’ un’epoca infestata da life-coach: solo a sentire la parola mi viene da schiaffeggiarli, il maestro di te stesso sei solo tu”, spiega Michelle che dedica il libro a Franchino Tuzio, il manager che l’ha scoperta e che è scomparso dieci giorni fa. La storia comincia quando Michelle ha 23 anni, un marito e una bambina di 3 anni. “Ero la compagna di Eros, ma mamma di Auri: ero felice”. Nonostante l’apparente felicità, quando “alla mattina aprivo gli occhi controllavo lo stato del cuscino, per scoprire che era diventato biondo”. Perdeva i capelli e Franchino, il suo manager, la sostiene. Le presenta Clelia, una pranoterapeuta. Dopo qualche seduta Michelle capisce che il problema era il suo rapporto con il padre. “Vai a casa di tuo padre, suona il campanello e abbraccialo”, le suggerisce Clelia. “Mi ha fregato così, restituendomi l’amore di mio papà. Avrebbe potuto dirmelo uno psicologo, ahimè mi sono imbattuta in lei. Grazie a quel consiglio ho potuto riavere mio padre, fargli fare il nonno. Poi è morto, e io sono rimasta di nuovo sola. Ma stavolta c’era lei con me”.

Clelia conquistava chiunque le capitasse a tiro. “Ti catturava per la bellezza e la purezza, emanata da abiti candidi e raffinati, dalla pelle idratata da oli essenziali. Era sempre profumata, con un sorriso pazzesco e un velo di abbronzatura. La sua delicatezza e l’ossessione per l’accudimento la rendevano materna: era un fiore pericolosissimo”. Da questo momento Michelle ha cominciato ad essere in balìa della setta. “Le canalizzazioni di spiriti dei defunti si scomodavano per indicarci la strada da seguire”. La strategia della setta segue un percorso definito: prima allontana l’adepto degli affetti, poi lo rende dipendente. “La setta filtrava le chiamate: mia mamma veniva sempre respinta. Quando ha letto il libro le lacrime le appannavano gli occhiali. Mi ha confidato di aver mandato un suo socio, ateo, a fare terapia da Clelia per ottenere informazioni su di me. Anche lui, dopo una sola seduta, era stato reclutato”.

I castighi arrivano a Natale. La setta la costringeva a passare il giorno che di solito si trascorre con il calore della famiglia da sola. “Chiamavo festosa Aurora fingendo di avere gente a cena, per poi passare da sola il resto della sera in silenzio, davanti all’albero. Era come quando mio padre diceva vengo a prenderti per il weekend e poi non arrivava mai: speravo che almeno quella volta mia madre ed Eros venissero a portarmi via. Ma come diceva Clelia, non mi voleva nessuno”. Michelle lascia la setta nel 2006. “Ho chiamato subito mia madre e i miei amici, chiedendogli solo una cosa: non fatemi il processo”. E alla fine più che un monito, una speranza: “Se è capitato a me non deve per forza capitare a tutti”.

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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