Massimo Bossetti, condannato in via definitiva all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio, è stato trasferito come da sua richiesta dal carcere bergamasco di via Gleno a quello milanese di Bollate. Il muratore di Mapello aveva chiesto il trasferimento per poter lavorare.

Nel carcere di Bergamo, dove si trovava dal 16 giugno 2014, Bossetti ha già sistemato qualche cella. Solo qualche lavoretto, perché trovandosi ristretto nella sezione speciale di più non poteva fare. A Bollate invece potrà chiedere di accedere a uno dei progetti di lavoro in carcere. Nello stesso penitenziario sta scontando la sua pena anche Alberto Stasi, condannato a 16 anni per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi.

Dopo il verdetto definitivo della Cassazione era stato lo stesso Bossetti ad avanzare la proposta: “Vorrei essere trasferito in un penitenziario dove poter lavorare. Per non impazzire chiedo di poter essere utile, di lavorare. Oggi non ho più nulla, mi resta il pensiero dei miei figli e della mia famiglia”. Si è sempre professato innocente ma ad inchiodarlo è stato il suo dna che coincide con quello trovato sugli slip e sui leggings di Yara, uccisa a Brembate il 26 novembre 2010.

Padre di tre figli, Bossetti si definiva un uomo normale con una vita ripetitiva, tutto lavoro e famiglia. Così lo descrivevano, all’indomani del fermo per il delitto, anche i vicini di casa: “Un bravo ragazzo, un muratore che conduceva una vita tranquilla”. I colleghi invece ricordavano la sua spudorata inclinazione a mentire e quel nomignolo, il “Favola”, che gli avevano affibbiato proprio in virtù della sua propensione a dire bugie. È stato nel corso delle indagini che il muratore ha appreso, sulla base del Dna, di non essere figlio di Giuseppe Bossetti, come aveva sempre creduto, ma dell’autista Giuseppe Guerinoni morto nel 1999, scoprendo così un segreto rimasto tale per 44 anni.
Fonte: Ansa

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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