Non si può spiegare la velocità. E’ uno stato d’animo, un qualcosa che viene da dentro. Per un pilota delle due o quattro ruote, la velocità è semplicemente il motore del loro spirito. Senza il motore la macchina non parte, rimane spenta e ferma in corsia. A volte, però, la luce si spegne all’improvviso come è successo a Simoncelli e più recentemente ad Hayden, anche se lo statunitense era in sella a una bici. Comunque, quello che tutti i piloti cercano è questa adrenalina, questo sentirsi vivi sul filo di lana, quell’attimo in cui tutto può succedere. E’ stato così anche per il sammarinese Manuel Poggiali (classe 1983), famoso pilota di moto, che per ben due volte è salito sul tetto del mondo: una nel 2001 in 125 (Moto 3) e l’altra nel 2003 in 250 (attuale Moto 2). In sella alla sua Gilera ha fatto sognare non solo i sammarinesi ma tutti gli appassionati di questo sport così amato in Romagna. Poi, dopo 10 anni di corse, ha riflettuto su ciò che era giusto fare e ha deciso, nel 2008, di dire basta, dedicarsi ad altro, cambiare vita, pensare alla sua famiglia, un po’ come ha fatto qualche tempo fa anche un altro grande: Casey Stoner.

Un sammarinese sul tetto del mondo delle due ruote: che emozione è stata?
“Un’emozione unica che è passata ma rimarrà indelebile nel mio cuore.”

Che cosa hanno rappresentato e rappresentano tuttora le due ruote per Manuel Poggiali?
“La mia vita dall’età di nove anni. La priorità, oggi, è la mia famiglia, anche se la moto ha un ruolo importante ma diverso.”

Perché, a un certo punto della sua carriera ha deciso di abbandonare le corse?
“E’ stata una mia scelta, sofferta sì, ma comunque personale. Da piccolo sognavo di arrivare a confrontarmi nel circuito mondiale con grandi piloti e poter vincere, ci sono riuscito due volte e lottato in altre occasioni. Senza dubbio rimarranno scritte e impresse diverse pagine con il mio nome e non è cosa da poco.”

Questa sosta è durata poco, perché è rientrato di nuovo in pista, in un certo senso, vero?
“Quello che ho fatto successivamente al 2008 non è minimamente paragonabile a ciò che facevo prima e a quello che faccio oggi. Allora ero un professionista a tutti gli effetti, oggi è molto diverso, anche perché non faccio praticamente più nulla a livello competitivo, ma solo commerciale.”

E’ vero che è un giocatore di Calcio a 5?
“Mi ritengo uno sportivo e tra le mie passioni esiste anche il calcio e calcio a 5. Mi diverto a praticare questa disciplina con gli amici in campionati locali con qualche presenza anche europea.”

I piloti, sia delle due e quattro ruote, corrono sul filo del rasoio e poi alcuni di loro perdono la vita in incidenti evitabili come è successo per Nicky Hayden. E’ solo questione di sfortuna o esiste qualcos’altro?
“Parlare semplicemente di sfortuna o fortuna, quando succedono queste cose, è davvero limitativo. Credo nel destino, nell’attenzione e nella distrazione, errori, fortuna e sfortuna. Il discorso è molto più complesso di così. Comunque, perdere delle vite è davvero molto triste.”

Si sente di aver lasciato qualcosa per strada? Oppure non ha nessun rimpianto e rifarebbe tutto quello che ha fatto?
“Credo che si possa sempre fare meglio ma ci si confronta anche con le altre persone che la pensano allo stesso modo, a pari opportunità. Il bello dello sport è anche questo, ovvero gioire quando lo si è meritato ed accettare e crescere quando gli altri fanno meglio.”

Se un giorno suo figlio le dicesse che vorrebbe correre in moto, cosa gli direbbe?
“Gli direi che lo sport insegna diversi valori, utilissimi anche nella vita, come ad esempio il rispetto delle regole e dell’avversario. Se volesse intraprendere questa strada, sarei molto contento. Dovrà essere, però, convinto di quello che sta facendo e, soprattutto, dovrà impegnarsi al massimo, perché solo così potrà sentirsi un grande uomo prima che un bravo pilota.”

A cura di Nicola Luccarelli

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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