C’ era una volta l’arte, ma forse c’è ancora. In un mondo ormai assuefatto alla tecnologia e da tutto quello che ne deriva, ci sono ancora persone (meglio dire artisti), che non si arrendono e quasi in maniera ostinata, vogliono riportare l’attenzione sull’obiettivo. Quale? Semplicemente tornare a riflettere sulle cose, dare un punto di vista diverso, insomma far lavorare il cervello. E questo organo l’ha fatto lavorare e lo sta facendo lavorare ancora tanto e bene, Maddalena Fano Medas, una donna in gamba, un’artista nel verso senso della parola.

Un’artista della nostra Romagna, ma conosciuta in tutto il mondo; riccionese di adozione e fanese di nascita, da oltre 60 anni contribuisce a rendere visibile alla maggioranza delle persone, la bellezza delle cose. Cominciando dalle decorazioni degli stabilimenti balneari e i locali più in voga di Riccione e non solo, passando per le opere d’arte realizzate con materiali di riciclo e di uso comune e i racconti per bambini da lei stessa illustrati, fino ad arrivare al brevetto di volo conseguito nel 1962. Eh sì, perché Maddalena Fano Medas ha volato e continua a volare, spingendosi, sempre più in alto. Ora, però, è giunto il momento di farci raccontare direttamente dall’artista, che ha inaugurato a San Giovanni in Marignano una mostra dal titolo “C’ era una volta”, come è nata la passione per l’ arte.

Maddalena, quando è sbocciato questo amore? Possiamo definirlo così, vero?

“Sì, diciamo di sì, anche se l’ arte non l’ ho mai considerata un passatempo, ma una cosa seria. E’ un lavoro molto duro e impegnativo. Mi sono avvicinata a questo mondo, fin da subito, frequentando l’ istituto d’ arte e, successivamente, sono diventata, maestra d’ arte, quindi la mia vita ha sempre girato intorno a questa materia”.

Anche se è nata a Fano, Riccione è diventata la sua casa?

“Si io ho 76 anni, da quasi 50 anni vivo a Riccione e mi conoscono praticamente tutti, un po’ per il mio studio, ma anche, e soprattutto, per il fatto che sono una pilota, avendo preso il brevetto ben 54 anni fa, e devo dire che in quegli anni eravamo in pochissime a salire in cabina di pilotaggio (ride n.d.r)”.

Cosa l’ ha spinta a pilotare un aereo?

“Sono passati tanti anni, ma ricordo ancora bene il momento in cui ho deciso che avrei voluto volare. In quel periodo stavo dipingendo le cabine al mare, perché avevo appena finito l’ istituto d’ arte ed ero stata incaricata di affrescare le facciate di queste cabine che, hanno mantenuto quelle raffigurazioni, per due o forse anche tre generazioni. Comunque, un giorno, mentre stavo dipingendo, ho visto un aereo che volava sopra la mia testa e subito ho pensato a come sarebbe stato, vedere il mondo da lassù. Così ho chiesto a quel pilota di provare e siccome mi era piaciuto veramente tanto, ho fatto di tutto per prendere questo benedetto brevetto, risparmiando fino all’ultimo centesimo. Poi, tempo dopo, sono venuta a sapere che quel pilota, stava sorvolando, proprio, quella zona, per fotografare quello che io stavo dipingendo”.

Ora passiamo all’ arte, alla sua arte…

“I miei quadri non raffigurano fiori, case o altro, ma hanno una lettura molto particolare che non tutti riescono a cogliere e quindi, per tirare avanti e finanziare questo mio tipo particolare di arte, mi sono dovuta adattare a fare anche altro, in questo caso decorare pareti, come ho già spiegato prima. Diciamo che ho decorato mezza Riccione e mezza Rimini, e quasi tutta la riviera adriatica. Quando ancora non esistevano i murales, venivo chiamata per dipingere le pareti degli edifici come, ad esempio, il Savioli di Riccione”.

Possiamo dire, quindi, che ha anticipato un po’ un certo tipo di arte?

“Sì, credo di aver anticipato i tempi, con i miei lavori. A proposito di questo, negli anni ’70 dipingevo sulle delle tele fatte con i jeans, chi avrebbe mai pensato di utilizzare dei jeans come tela? Dico questo perché io ho sempre pensato che l’ arte deve essere la testimonianza del tempo che viviamo o almeno, dovrebbe prevedere quello che sarà, perchè quello che è stato è stato e indietro non si può più tornare”.

Parliamo ora della sua mostra, “C’ era una volta”… qual è il tema centrale?

“La mostra è dedicata al mondo della fantasia e dell’infanzia che ormai si sta perdendo. Soffro terribilmente, quando vedo i bambini, anche i miei nipoti, incollati ai loro videogiochi e telefonini che si estraniano completamente e non comunicano neanche fra di loro. Questo aspetto della realtà attuale, così poco edificante per certi versi, cerco di denunciarlo attraverso le mie dieci opere d’ arte che raccontano questa mia mostra, ovvero un viaggio tra un Don Chisciotte, un Garibaldi senza bandiera, e Giovanna D’ Arco, perché chi non si è sentito, almeno una volta, un Don Chisciotte che combatteva contro i mulini a vento?”.

A cura di Nicola Luccarelli

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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