Non mi è mai piaciuta l’atletica, fino a quando ho visto lui.
Una sera di 8 anni fa, prime Olimpiadi a cui ho assistito, dal divano, nello stanzino di casa mia, per caso vidi la corsa dei 100 metri e pensai “NO, non è possibile, questo è un fenomeno”.
Fenomeno però era riduttivo, mentre il termine “leggenda” è quello più azzeccato.

Questo è stato Usain Bolt per lo sport, un fulmine(termine non casuale) a ciel sereno, piombato per rivoluzionare l’atletica leggera.
Abbattere per primo il muro dei 10 secondi per percorrere 100 metri, è un’impresa davvero sensazionale che nessuno mai dimenticherà.

Tante gare vinte, l’etichetta di uomo più veloce del mondo giustamente conquistata, i momenti difficili (pochi) e la grande gloria acquisita.
Tanto che il corridore Jamaicano è diventato l’emblema dello sport, di quello pulito e non di quello che per raggiungere certi traguardi si è disposti a tutto, anche al doping.

Il bene che trionfa sul male, la velocità data da incessanti e continui allenamenti , da un dono di Dio che abbatte tutte le dietrologie e i brogli.
Questo è stato, è , e sara sempre Bolt, che è entrato nel cuore di tutti.

Peccato, quindi, davvero che la sua ultima gara ufficiale nei 100 ai mondiali di Londra sabato sera, sia stata un mezzo fallimento. Solo la gara però, perchè la sua carriera si chiude tra gli applausi scroscianti di tutto uno stadio, di tutta una nazione, di tutto un mondo, quello dello sport, verso uno dei suoi più rappresentativi campioni.

Tutti, dagli spettatori sugli spalti, a quelli sullo schermo, ai giornalisti, fino addirittura ai corridori stessi si aspettavano la freccia nera trionfante sul traguardo, con al petto l’ennesima medaglia d’oro della sua sfavillante carriera.
E invece è arrivata la doccia fredda.
Quella che nessuno si aspettava, ma soprattutto che nessuno auspicava.

Justin Gatlin, emblema, suo malgrado, di quello sport contaminato che si diceva sopra, che è stato fermo 4 anni per doping, ha battuto il suo eterno rivale, conquistando l’oro.

La miriade di fischi ricevuti dall’atleta potevano essere giustificati all’inizio, ma non alla fine della corsa quando si è inchinato pure lui davanti alla leggenda Bolt, lustrandogli le scarpe e dichiarando che per lui, il Jamaicano è stato una vera ispirazione e lo ha stimolato a dare sempre il meglio di sè, arrivando a ripulirsi.
Un’immagine macchiata resta tale e difficilmente si riconquista fiducia, ma almeno il bel gesto resta e non meritava i fischi incessanti, anche perchè come non credere che proprio l’ex uomo più veloce al mondo sia stato anche per lui esempio e modello da seguire?.

Resta integra e pulitissima quella di Bolt, da sempre contrario all’uso di sostanze che potessero modificare le prestazioni.
Eppure un velo enorme di malinconia rimane, perchè il lieto fine tanto anelato da tutti non è arrivato.
Anche il corridore stesso a fine corsa si aspettava un epilogo diverso, ma prima o poi anche le leggende cadono o si ritirano, anche se c’è da dire che sia primo che secondo classificato hanno sopra i 30 anni, l’età di Bolt.

Il ritiro, che doveva già arrivare l’anno scorso, ma che poi è stato rimandato per ripensamento, stavolta non sembrerebbe trattabile. Stavolta forse la pressione di dover essere sempre il più veloce al mondo lo deve aver logorato fisicamente e mentalmente, perchè tenere questo record per chi non si droga, per tanto tempo è veramente dura.
E infatti le sue prestazioni negli ultimi tempi sono un pò inferiori alle aspettative, anche se c’è pur sempre chi un bronzo ai mondiali di atletica non lo ha mai vinto.

Questo è l’epilogo, un pò malinconico di una grande leggenda che ha preso vita 9 anni fa, che ha rivoluzionato l’atletica e lo sport di tutto il mondo.

Ciao leggenda, speriamo a rivederci.

A cura di Giacomo Biondi

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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