Sei giornate di campionato e Milano mostra già due facce di una medaglia, che da una parta è quella delle sei vittorie dell’Inter di Conte, capolista in attesa della partita forse più sentita in casa nerazzurra, quel derby d’Italia che potrebbe lanciare definitivamente la sfida ad una Juve che non molla di un centimetro, anche se squilli e proclami sono ben lungi da ciò che si vede in campo.

A fare da contraltare alle gioie nerazzurre, c’è invece un Milan che sta sprofondando in un baratro sempre più buio e che, dopo la quarta confitta in sei giornate, inizia a subire la contestazione dei propri tifosi, illusi troppo presto e troppo facilmente dai nomi e dagli osanna che quasi immancabilmente si levano attorno ai rossoneri ogni volta che c’è il calciomercato in atto e le parole costano nulla, figurarsi poi quando ai vertici tornano due colonne della storia milanista, quali Maldini e Boban e sembra di essere tornati ad un’era berlusconiana oramai morta e sepolta.
Quali sono i motivi di questo differente inizio di campionato delle due milanesi? Di sicuro c’è che l’Inter, con l’arrivo di Marotta, ha messo esperienza e capacità proprio là dove si costruisce e si gestisce la rosa, poi è arrivato Antonio Conte, ovvero uno che guarda in faccia a nessuno e detta strategie e condizioni per avere uno spogliatoio di gente disposta a seguirlo e sacrificarsi, perché altrimenti la porta è spalancata e chi non ci sta o può essere un problema, vada pure a giocare in un altro cortile.

Dopo anni a cambiare proprietà ed allenatori, finalmente l’Inter si è data una mossa e scelto quelle che erano le figure migliori per svoltare e tornare ad essere competitiva ai massimi livelli; d’altra parte per fare bene sul campo bisogna anche fare le scelte giuste e, pur senza avere ancora raggiunto l’assetto migliore (ma qualche difetto e qualche pecca ce l’hanno tutti), si è già visto che i nerazzurri sono tutt’altra cosa rispetto ad un passato più o meno recente e vincere non è più solo una pura e semplice miracolosa illusione.
Il Milan invece, assillato da non pochi problemi finanziari con il FPF che l’ha costretto a rinunciare all’Europa, ha subito l’ennesima rivoluzione dirigenziale, con l’arrivo, come AD, dell’ex Arsenal Gazidis, forse troppo abituato a gestire finanze ben diverse (e senza aver vinto nulla nei nove anni ai Gunners) e che ha affidato agli ex calciatori Maldini e Boban il rilancio sul campo, di una squadra distante anni luce da quella dei trionfi, o anche solo dall’Europa che conta.
Il resto è stato l’affidare la panchina a Marco Giampaolo, uno che passa per un grande allenatore senza che, sinora, abbia fatto vedere chissà quali miracoli ed il cui curriculum recita (scusatemi, ma qualche volta bisogna lasciar parlare i fatti!): vice a Pescara, Giulianova, Treviso, Ascoli, per poi guidare in prima persona Cagliari, Siena, Catania, Cesena, Brescia, Cremonese, Empoli e Sampdoria, con risultati non proprio eccelsi e che, a mio modesto parere (ed a vedere giocare le sue squadre), non giustificano così tanti sperticati elogi ed attestati onorifici da professore calcistico.

Per fortuna, o per sfortuna dei milanisti, c’è sempre il campo a mostrare valori che, nel caso del Milan attuale, sono impietosi, anche quando venti minuti di buon calcio si trasformano in un’ora e basta che gli avversari si sveglino un tantino per far calare il buio su di una squadra che ha poco capo e niente coda, confusa e pasticciona, più pronta ad dare calci agli avversari che al pallone, e dove basta l’arbitro fischi nella direzione opposta per vedersi arrivare almeno tre o quattro milanisti addosso a protestare.

Se la trasferta di Torino era sembrata dare perlomeno una speranza di crescita, è bastata una Fiorentina ordinata e ben disposta in campo, a spegnere la luce di un Milan dove, com’è ovvio, la colpa ricade sulle spalle del mister, ma dove la Dirigenza non può esimersi dal prendere atto di avere fatto un bel po’ di danni, magari per inesperienza, o magari per incapacità e la proprietà è la “testa” da dove partono i guai, perché le decisioni partono sempre dalla cima e quella del Milan non ha, probabilmente, le competenze per scegliere gli uomini giusti.

Dirigenti senza esperienza e quasi sicuramente non all’altezza del loro passato da calciatori, allenatore modesto, giocatori scarsi (a partire da quelli più decantati), la classifica attuale del Milan è la somma di tutto questo e se ci aggiungiamo che le casse piangono, la situazione è tutt’altro che rosea o, se preferite, poco rossa e molto nera.
Una Milano gode e l’altra piange, o per dirla con un vecchio slogan, c’è una Milano che beve e l’altra che è…bevuta!

Il Direttore editoriale Maurizio Vigliani – Foto Redazione archivio

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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