IL POTERE DEI MEDIA: MA DI CHE COSA DOBBIAMO AVERE VERAMENTE PAURA?

Già nel 2002, se ricordate, un altro virus proveniente dalla Cina – la SARS- aveva creato un clima di panico a livello internazionale.
Il termine più diffuso per descrivere il virus era Killer.
L’idea della SAARS, che il linguaggio dei meda passava ai lettori incorporava dunque già un’idea di morte, e di ineludibilità della fine.
Diversa la situazione per l’epidemia di COVID 19, il coronavirus che sta monopolizzando l’informazione dei media a livello mondiale.

Prima cosa da sapere: non è un virus mortale.
Il tasso di mortalità del Covid 19 si colloca intorno al 2%-2,5%.
Inoltre, dai dati ufficiali risulta che il COVID 19 è un virus particolarmente pericoloso per le persone che presentano già compromissioni di salute importanti.

Senza nulla togliere alla pericolosità del virus, si tratta di indicazioni che mettono il COVID 19 su un livello di rischio per la salute non molto distante da quello di una normale influenza stagionale.
Rispetto alla SARS che presentava un tasso di mortalità quasi del 10%, o all’Ebola che uccideva la metà dei contagiati, il paragone con il Covid 19 appare assai meno letale.

A titolo di esempio vi ricordo che il “morbillo”, che apparentemente potrebbe non destare particolare preoccupazione, è pericoloso assai, perchè è in grado di azzerare il sistema immunitario e agisce come un’alluvione determinando un effetto acuto, e lasciando come eredità una maggiore vulnerabilità a successivi attacchi.
Secondo punto, assai importante sono le azioni da fare contenere il danno.
La prima fase, ovvio, è “costruire il vaccino.

Le fasi sono sequenziali, e mi verrebbe da dire che per passare da una fase all’altra, occorre sempre aver ottenuto risultati positivi in quella precedente.
Questo significa che il vaccino non sarà disponibile a breve, ma in mancanza di esso, per fermare l’epidemia sono importanti le misure di contenimento: identificare le persone che presentano i sintomi dell’infezione, ed effettuare il test per verificare la presenza del virus, tenere in isolamento i casi positivi, rintracciare le persone che hanno avuto contatti stretti e prolungati con le persone ammalate, e monitorarne lo stato di salute.

Terzo punto: è importante che le strutture ospedaliere, in particolare le sale operatorie, vengano tenute in ottime condizioni igieniche per evitare che eventuali infezioni possano ulteriormente compromettere il quadro.

Il problema poi è che oggi si parla quasi sempre del VIRUS e non delle REAZIONI DELLE PERSONE DI FRONTE ALLE INFORMAZIONI DEL CONTAGIO.

Questo significa che le persone mediamente reagiscono in modo completamente irrazionale di fronte a fenomeni descritti in modo tale da far scattare paure ed emozioni.
Tanti anni fa il presidente degli Stati Uniti Franklin Delano Roosevelt ebbe a dire che “l’unica cosa di cui dobbiamo avere paura, è la paura stessa”.

Oggi questo richiamo suona di una drammatica attualità.
Chi controlla l’informazione può ottenere dalla massa qualsiasi tipo di comportamento.
Forse la campana del COVID 19 ha suonato un altro requiem, non tanto per la salute dell’umanità, ma per l’idea di una razionalità argomentativa che sta alla base di democrazia come la abbiamo fino ad oggi intesa.

Vorrei concludere con un’affermazione che può suonare un po’ sibillina”: non tutto potrà essere come prima”, sicuramente questo è un momento difficile, in un contesto sociale complesso come il nostro, ed è destinato a lasciare tracce, e la sua evoluzione in positivo o in negativo dipenderò molto, e questo sì, lo sottolineo, da come la “politica” reagirà durante e dopo l’accadimento.

Non voglio dilungarmi sul prima, siamo in emergenza, ciò che interessaora è la salute e la tranquillità mentale dei cittadini!.
Forse una qualche riflessione sul globalismo occorrerà farla, perchè in questo momento il” malato” è anche lui.
Certo, l’impatto del coronavirus sarà economico, sarà più o meno intenso, più o meno lungo, ma il problema reale è l’impatto psicologico.

Per trent’anni circa, la globalizzazione ci ha fatto immaginare e non solo, anche vivere in un mondo artificiale, fantasmagorico e felice, che si è come sovrapposto a quello reale.
Si è pensato che fosse la fine della storia, e il principio di una nuova geografia.
E ora, il nuovo virus, che si sta diffondendo in tutto il mondo, ma che ha il suo epicentro in Cina “segna il ritorno della natura, il passaggio dall’artificiale al reale, come reale è appunto un Virus.

Occorre ripensare al modello, occorre capire che è semplicemente riduttivo pensare che tutto si risolve togliendo il blocco dei voli, o superando le quarantene.

Con il coronavirus si apre un nuovo scenario che pone il problema filosofico e politico di vedere le cose in modo diverso.
E il cambiamento dovrà essere “pulito”.

Quando dico “pulito” lo dico a 360 gradi, non mi riferisco solo ai fattori ambientali che mettono al centro il problema del cambiamento climatico e dell’inquinamento, ma penso a una rivoluzione industriale ecosostenibile, dove la finanza sia in grado finalmente di mettere insieme la prospettiva di buoni investimenti, che le consenta di propagandare una diversa immagine, un immagine, appunto, pulita.
Questo credo sia la vera scommessa, dopo che avremo ancora una volta, da bravi italiani, superato questa difficile prova, perchè l’era dei dinosauri non tornerà più, nemmeno in provetta!

A cura di Sandra Vezzani editorialista – Fotolia

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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