LA PASQUA SOLITARIA
La Pasqua senza riti è una Pasqua ancora più vera.

Quante volte abbiamo detto “Natale coi tuoi e Pasqua con chi vuoi”.
Non sarà così’, e forse proveremo un po’ di malinconia dei tempi in cui ci pareva di non avere nulla, e invece avevamo tutto. Della ricerca spasmodica di vecchie foto ingiallite che ci raccontano altre pasque, e del dolore, tanto dolore, per quanti la battaglia con questo stramaledetto virus l’hanno persa.

Le settimane del lookdown hanno allungato le distanze fisiche tra le persone, e hanno avvicinato le nostre paure.
Stiamo assistendo ad una clamorosa sincronizzazione emotiva di massa, in grado potenzialmente di resettarci.
Le grandi gioie, ma anche le grandi sofferenze collettive sono spesso salutari dal punto di vista psicologico.
Non dimentichiamoci che il miracolo economico è stato sostenuto dal coraggio e dalla capacità visionaria di orfani e vedove della seconda guerra mondiale.

Il benessere ci ha portato a ricercare un’autonomia narcisistica, con l’illusione che vivere significasse essere orgogliosamente indipendenti.
La conseguenza è stato il distacco emotivo dall’altro, una scarsa solidarietà, e pochi progetti comuni.
Ora siamo tutti sincronizzati sullo stesso obiettivo: la sconfitta del virus.
Stiamo riscoprendo un sentire comune, la necessità dell’ascolto e la naturalezza dell’attesa.
Abbiamo avuto almeno questo in dono dal virus, di poter riacquistare un tempo più lento per vivere, per disegnare i nostri progetti.

Così, solo così, potremo essere persone migliori.

Ieri sera, in una piazza San Pietro vuota, semideserta, denudata delle grandi folle di fedeli e pellegrini, forse abbiamo sentito, più che negli anni trascorsi, una connessione profonda del Papa col suo popolo, via tv, via internet, via social.
Riti della Pasqua inediti e più che straordinari!
Francesco ha celebrato da solo una via crucis, resa ancora più drammatica dall’emergenza Covid-19.

La voce bassa, il respiro raccolto sono stati messaggi di una forte vicinanza al popolo di Dio, ai più sofferenti, alle vittime della pandemia, al dolore del mondo, ma nel suo sguardo rivolto al cielo, abbiamo visto anche la speranza, e questo è bastato a farci ricordare che, sempre, la Pasqua finisce nella Resurrezione e nella pace.

E poi la Via Crucis, sul sagrato, si è consumata in un chiaroscuro intenso, illuminato dalla Superluna di questi giorni.
E due gruppi, formati da cinque persone ciascuno, quello del penitenziario padovano formato da un ex detenuto,dal direttore del carcere, dal vicecommissario della polizia penitenziaria, da un agente e da una volontaria, e l’altro formato da personale della direzione Sanità del Vaticano, hanno condotto il cammino della Croce in un silenzio interrotto solo dalle meditazioni.

In una delle stazioni della Via Crucis abbiamo udito queste parole “crocifiggilo, crocifiggilo”! chi parlava era un ex detenuto che ha continuato dicendo:” sono stato condannato, assieme a mio padre, alla pena dell’ergastolo”.
Parole, che hanno risuonato con forza, invitandoci a meditare.
La società non dovrebbe accogliere castighi, ma rieducazioni.
E, a quel punto, forse a tutti noi è arrivata una verità in figura, il virus è un flagello, ma non un castigo.
Dio soffre con noi!

A cura di Sandra Vezzani editorialista – Foto Reliquiosamente

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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